Formazione tecnica di oggi e di ieri. Quali differenze?

Penso ci sia una grande differenza tra conoscere una professione e saperla trasmettere a degli studenti. In altre parole penso che insegnare sia un vocazione. O c’è o non c’è. Era così nei primi anni Ottanta ed è così oggi.

Più volte in passato ho affrontato il tema della difficoltà nel reperire personale tecnico specializzato, una questione strettamente legata alla formazione tecnica nelle scuole.
A questo proposito, alcuni di voi hanno evidenziato diverse criticità, tra cui la scarsa qualità nella selezione dei docenti, la riduzione delle ore di laboratorio, la diminuzione dei professori di ruolo, la mancanza di aggiornamento continuo e l’assenza di una verifica efficace sul rendimento degli insegnanti.

Sono passati decenni da quando mi sono diplomato in un istituto tecnico e devo dire che ricordo di aver avuto insegnanti molto preparati e altri che lo erano meno. Nella mia scuola, inoltre, insegnavano ingegneri estremamente qualificati, che però non sapevano insegnare.

A livello generale io credo che ci sia una grande differenza tra conoscere una professione e saperla trasmettere a degli studenti. In altre parole penso che insegnare sia un vocazione. O c’è o non c’è. Era così nei primi anni Ottanta ed è così oggi.

Detto questo, ritengo che i giovani periti tecnici di oggi siano molto diversi da come eravamo noi. Sono cambiati in parte negativamente e in parte positivamente.
Dal loro modo di lavorare, mi sembra di percepire, per esempio, che gli insegnanti oggi siano meno severi rispetto una volta. Questo lo si evince da fattori come l’attenzione per i dettagli e la cura per il particolare che oggi spesso scarseggiano nei disegni dei giovani progettisti.

Come abbiamo visto più volte nel nostro MICROjournal un disegno tecnico deve sì essere univoco, completo e interpretabile da tutti, ma è importante che sia anche “bello”, che appaia, cioè, ordinato ed equilibrato.
Un disegno tecnico è il biglietto da visita di un’azienda. Se è fatto male, ci si presenta malamente davanti a clienti e fornitori. Ricordo che ai nostri tempi quando si consegnava un disegno che aveva anche solo con una piccola sbavatura, il professore ce lo strappava davanti agli occhi. Inutile dire che la volta dopo la sbavatura non la facevi più.
Mi sono reso conto, inoltre, che i giovani progettisti di oggi sanno usare meno di una volta gli strumenti di misura e le macchine, questione che probabilmente deriva dalla diminuzione delle ore di laboratorio.

Come ho premesso, però, sono parecchie le caratteristiche positive di questi ragazzi. A partire dalla conoscenza della lingua inglese che quasi tutti hanno e che oggi è una condicio sine qua non per lavorare.
Trovo inoltre che i giovani di oggi siano decisamente più svegli e “smart” di quanto lo fossimo noi e questo probabilmente dipende dalla quantità di messaggi e di input che ricevono fin dalla nascita (giochi educativi, genitori più attenti e coinvolti nella crescita e nella formazione dei figli, eccetera). Il che ovviamente non può che ripercuotersi positivamente anche sul lavoro, evidenziando un potenziale enorme che, a mio avviso, andrebbe sfruttato molto di più.
Ciò però purtroppo molto spesso non accade perché questi ragazzi hanno la grande sfortuna di vivere in un momento di forte recessione economica, il che li porta inevitabilmente a essere spesso molto sfiduciati perché vengono pagati poco, perché lavorano in cattive condizioni e perché non vengono gratificati.

Cosa ne pensate? Qual è la vostra impressione ed esperienza in proposito?

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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