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Teniamo sufficientemente in considerazione i near miss?

Prendiamo abbastanza precauzioni in tema di sicurezza sul lavoro? Istintivamente verrebbe da rispondere di sì, a volte addirittura eccessive, se pensiamo a tutte le misure e gli obblighi che siamo tenuti ad adempiere in materia.

Di recente, però, mi sono imbattuto in due dati che mi hanno fatto suonare un campanello d’allarme. Il primo (di cui peraltro ero già a conoscenza) è che

la maggior parte degli incidenti sul lavoro è causata da comportamenti pericolosi messi in atto dai lavoratori stessi (si parla di un 88%).

Lavoratori che magari non rispettano le corrette procedure per distrazione, fretta o banalmente perché le ritengono eccessive. O anche solo che semplicemente assumono comportamenti apparentemente innocui in situazioni non normate, ma che sul luogo di lavoro possono invece portare a delle criticità.

Il secondo dato, quello che ho trovato particolarmente interessante, riguarda i cosiddetti near miss. Diversi studi stimano che

a monte di ciascun incidente sul lavoro che ha causato un infortunio grave, ce ne sono suppergiù altri 30 che hanno provocato infortuni lievi e ben 300 che fortunatamente non hanno provocato danni ai lavoratori (i near miss appunto).

Oltre che interessante, questo dato mi è parso anche piuttosto utile.
Perché dico questo? Lo dico perché il datore di lavoro (o il proprietario di un’azienda) in genere viene a conoscenza solo dell’infortunio avvenuto e non di quelli mancati (near miss).
Quindi, se – com’è ovvio – controllare costantemente tutti i lavoratori non è in alcun modo possibile, forse intervenire in altro modo sì.
In MICROingranaggi, per esempio, abbiamo deciso di elaborare un secondo

questionario (oltre a quello a cui accennavo la scorsa settimana) dedicato proprio agli incidenti sul lavoro e ai near miss.

Vorremmo, in altre parole, che le persone che lavorano nella nostra azienda facessero mente locale su tutte le volte che sono state molto vicine ad avere un incidente sul lavoro, ma che poi fortunatamente lo hanno scampato. Mi riferisco, per esempio, a quella volta in cui l’operaio ha preso una scatola con le mani sporche facendola cadere poco distante dal suo piede (o da quello del collega). Oppure quando si è staccata la punta dell’avvitatore elettrico andando molto vicino a sfiorare un dito dell’addetto ai lavori.

Alla luce dei dati raccolti, è, secondo me, possibile fare delle valutazioni che consentano di prendere ulteriori precauzioni (ovviamente laddove è possibile farlo) così da

andare ad agire sul mancato infortunio,

nella speranza scongiurare quello effettivo.

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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