Fare previsioni sul futuro non è per nulla semplice, soprattutto con i tempi che corrono. Ne parlavamo proprio la settimana scorsa nel post sul crollo del prezzo del petrolio. L’andamento economico dei settori della meccanica e dei sistemi di trasmissione movimento e potenza (per fare un paio di esempi che ci toccano da vicino) fa ben sperare: entrambi hanno visto il 2015 in leggera crescita sul 2014, soprattutto grazie al contributo delle esportazioni che sono riuscite a bilanciare il lieve calo sul mercato interno.
Questo può portarci a essere più ottimisti, ma non basta. Cosa dire quindi ragionando sul futuro e sulle possibilità di crescita economica concreta delle singole imprese?
Qualcosa certamente dovrebbe cambiare a livello di Paese affinché questa crescita possa effettivamente iniziare a portare risultati più concreti. Parlare di sistema Paese, vuol dire in primis tornare a parlare di tasse. Tema scontato? Forse. D’altra parte credo che non esista nessuno soddisfatto della situazione attuale e pertanto non è nemmeno giusto non toccare più l’argomento. Anche perché – sotto un certo punto di vista – è proprio l’evasione fiscale a frenare lo sviluppo economico del nostro paese e una minore pressione fiscale potrebbe essere in parte di aiuto anche su questo fronte (dico in parte perché ci sarà sempre qualcuno che evaderà le tasse indipendentemente dalla pressione fiscale). Quindi, come ho già scritto in passato,
lo Stato dovrebbe abbassasse i costi eccessivi cui le imprese sono costantemente sottoposte, in modo da permettere loro di vendere i propri prodotti a prezzi più bassi e quindi più competitivi.
Al tempo stesso, però, credo che l’atteggiamento di chi si lamenta continuamente senza reagire non porti a nulla di buono.
Chi fa impresa, a parer mio, dovrebbe farlo spinto da un po’ di ottimismo, di entusiasmo, mantenendo un atteggiamento aperto, costruttivo e ben predisposto al cambiamento. Dovrebbe inoltre avere una visibilità a lungo termine, guardando, ascoltando e prendendo spunto da tutto quello che accade intorno e – per quanto possibile – trasformando le richieste che inizialmente possono mettere in difficoltà in opportunità di crescita. A livello pratico questo si traduce nel
continuare a fare investimenti, previa attenta valutazione. E, al tempo stesso, nel continuare cercare nuove opportunità.
La mia terza e ultima riflessione riguarda i giovani, che sono davvero una grande risorsa. A questo proposito penso però che
qualcosa dovrebbe e potrebbe essere fatto a livello di formazione.
Mi capita spesso di parlare con ragazzi italiani che hanno l’occasione di studiare per periodi più o meno lunghi all’estero. In Germania per esempio l’università è molto più improntata sugli aspetti pratici. Prendiamo il caso una facoltà di economia: vengono analizzate situazioni concrete di realtà industriali realmente esistenti e da lì – con i dati alla mano – le si analizza da un punto di vista teorico. In Italia lo si fa, ma in modo diverso. Viene data, cioè, molta più importanza alla teoria pura studiata su volumi di migliaia di pagine, che inevitabilmente finisce per restare meno impressa, venendo a lungo andare dimenticata.
I giovani che si affacciano sul mondo del lavoro, di conseguenza, impiegano molto più tempo a ‘carburare’, capirne le dinamiche concrete ed essere realmente produttivi.
Queste sono solo alcune riflessioni, ma su un tema del genere ci sarebbero davvero tante altre cose da dire.
Quali pensate possano essere gli aspetti chiave su cui fare leva in ottica di una crescita economica concreta?