C’è una pratica piuttosto spiacevole che vedo accadere spesso nel mio settore, e che credo purtroppo sia prassi abituale in quasi tutti i comparti industriali. Mi riferisco a ciò che avviene, in alcuni casi, tra l’emissione di un preventivo e la concretizzazione di un ordine.
In MICROingranaggi riceviamo abitualmente – come penso possiate immaginare – richieste di offerta, alle quali facciamo seguire preventivi dettagliati. In alcuni casi, però, tale preventivo viene lasciato cadere nel nulla e chi ce lo aveva richiesto non si preoccupa neppure di inviarci un feedback in risposta.
Intanto penso sia importante sottolineare che
elaborare questo genere di offerte non è mai immediato; occorrono tempo e risorse per svolgere tutte le analisi del caso, e, il più delle volte, anche il coinvolgimento di figure terze (i fornitori di materie prime, per esempio).
Spesso, però, chi abbiamo di fronte ignora quanto tempo e lavoro ci sono dietro la redazione di un’offerta e, di conseguenza, non ne ha il rispetto che dovrebbe.
Ma il problema non è tanto questo (non solo, almeno). La vera criticità sta nel fatto che alcune di queste realtà,
a distanza di mesi, si rifanno vive per effettuare l’ordine basato sull’offerta che avevano ricevuto, senza però essere disposte ad accettare le tempistiche di consegna aggiornate dal fornitore in base alla situazione organizzativa e operativa di quel momento,
perché la commessa è improvvisamente diventata urgente (complici i mesi di silenzio).
Si tratta purtroppo di un atteggiamento che, a parer mio, nasce da una disorganizzazione di fondo che talune imprese hanno e che, da un lato, si concretizza nella mancanza di una pianificazione delle attività interne, e, dall’altro, va a sfociare nel non rispetto per il lavoro altrui.
Questa prassi sfortunatamente va a innescare un meccanismo a cascata, tale per cui il fornitore messo alle strette, nel tentativo di assecondare le richieste di quel cliente, finisce per lavorare meno bene di come avrebbe fatto altrimenti e sicuramente per farlo con meno serenità.
Posso capire che a volte ci si trovi in condizioni di emergenza e che non ci sia altra strada da percorrere se non quella di chiedere al fornitore di lavorare in urgenza, ma non è possibile che questo avvenga così spesso.
Temo inoltre che, ancora una volta, parte della causa sia da attribuire a un discorso culturale. Come scrivevo tempo fa, infatti, in Italia siamo abituati a contrattare su tutto: prezzi, tempi, condizioni di vendita e così via. Sempre e comunque. A prescindere che ve ne sia una reale necessità o meno.
La giusta strada – e qui ovviamente parlo da fornitore – potrebbe e dovrebbe essere quella di restare, quanto più possibile, fermi sui nostri paletti, iniziando a non cedere sulle tempistiche indicate in partenza, onde evitare di finire per darci la zappa sui piedi da soli, stravolgendo la nostra tanto sudata organizzazione interna per accontentare un cliente disorganizzato.