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Dal settore Punti di vista

Il mercato delle macchine utensili cresce. Merito degli incentivi statali?

Parto subito da una domanda:

a cosa pensate sia dovuta la forte crescita del mercato interno di macchine utensili del primo trimestre di quest’anno?

Alla fine di aprile il Centro Studi di UCIMU-Sistemi per produrre ha rilasciato i dati relativi al mercato interno delle macchine utensili, evidenziando un +22,2% nel primo trimestre 2017 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e attribuendo buona parte del merito di questa crescita agli incentivi statali.

Quindi iperammortamento al 250% e superammortamento al 140%, alle quali si è da poco aggiunta anche la Sabatini Ter (cumulabile con super/iper ammortamento e agevolazioni).

Lo stesso Massimo Carboniero, presidente UCIMU, aveva dichiarato: “L’indice ordini del primo trimestre 2017, relativo al mercato domestico non lascia spazio a interpretazioni: il programma messo a punto dalle autorità di governo sta portando i suoi frutti. La predisposizione a investire in tecnologia industriale e in sistemi di connettività da parte del manifatturiero italiano aveva bisogno di una spinta che il Piano Nazionale Industria 4.0 ha assicurato”.
A pensarla così sono anche molti costruttori e distributori di macchine utensili, che non solo utilizzano gli incentivi statali come leva commerciale, ma che temono che, una volta giunte a termine queste misure, si corra il rischio concreto di un crollo del mercato.

Siete d’accordo?

A costo di apparire in controtendenza, io la penso diversamente. Credo infatti che l’incremento delle vendite di macchine utensili ci sia stato perché finalmente la ripresa è concreta e le aziende italiane (e parlo ovviamente per il mio settore) hanno tanto lavoro.
Ho parlato con diversi costruttori di macchine utensili, che sostengono che quasi nessuno dei loro clienti ha investito in tecnologia accedendo agli incentivi statali. E perché non lo hanno fatto? Perché i requisiti per accedervi sono molto ristretti e finiscono per lasciare fuori molte realtà.
Per gli investimenti al di sotto dei 500mila euro può bastare una autocertificazione, ma associazioni di categoria e costruttori e distributori di macchine utensili consigliano vivamente di demandare comunque a professionisti il compito di effettuare la perizia per una questione di scarico delle responsabilità.

Quindi requisiti ristretti sì, ma anche mancanza di informazione. È vero che oggi i media ne parlano tanto e un po’ a tutti i livelli. Così come è vero che molte associazioni, istituzioni ed enti fieristici organizzano incontri e convegni informativi sul tema. Ma è anche vero che, purtroppo, dall’altra parte spesso manca la voglia di informarsi. Diversi osservatori che si occupano di questo tema hanno evidenziato che sono molte le aziende italiane che ancora non hanno compreso fino in fondo che cosa significa concretamente produrre in chiave 4.0.
Perciò, dal momento che agli incentivi statali possono accedere solo le realtà che hanno già una struttura predisposta all’Industria 4.0 e dal momento che sono ancora tante le realtà italiane che non hanno ancora capito cosa invece questo significhi concretamente, vien da sé che tali imprese non siano adeguatamente strutturate e che pertanto non possano accedere agli incentivi.
Il mio timore è che, come spesso accade, a beneficiare di queste misure siano sempre e comunque le aziende più grandi e strutturate che poi finiscono per utilizzare solo parte degli incentivi per lo sviluppo dell’azienda facendo sparire tutto il resto.

C’è infine un’altra importante questione da non sottovalutare. Dal momento che le macchine utensili si vendono (perché, come ho scritto a mio avviso c’è tanto lavoro e quindi servono), i costruttori oggi come oggi hanno tempi di consegna molto molto lunghi, che vanno – mediamente e con tutte le eccezioni del caso – dai sei mesi in su. E anche questo è da tenere ben presente. Chi decide di fare un investimento tecnologico adesso è perché ha bisogno di quel determinato strumento per lavorare.

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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