Alla fine dello scorso anno una scheda elettronica del nostro evolventimetro ha subito un guasto tecnico. La produzione ovviamente non si è fermata, ma i controlli (che ormai eseguiamo sempre più frequentemente), e quindi le spedizioni ai clienti, hanno subito un piccolo rallentamento.
Fortunatamente la situazione si è risolta nel giro di poco e la nostra officina ha ripreso a funzionare come se nulla fosse accaduto, ma questo episodio ci ha fatto suonare un campanello di allarme.
Prima di tutto perché, qualunque sia il comparto in cui si sta operando,
il controllo qualità sta assumendo un ruolo sempre più centrale e determinante.
Senza contare che più alto è il settore in cui si opera o più una lavorazione è critica (a causa per esempio di un materiale più difficile da lavorare), maggiore in genere è la necessità che i pezzi prodotti siano accompagnati da documentazione che ne certifichi la qualità.
La tendenza a certificare le commesse – indipendentemente dal numero di report redatti – è quindi richiesta da un numero sempre maggiore di clienti. Senza contare che, per un’azienda come MICROingranaggi, sta ormai diventando una fondamentale esigenza interna strettamente legata al tema della sicurezza. Nel momento infatti in cui un cliente ci segnala (anche a distanza di anni) un problema riscontrato a seguito dell’utilizzo di un pezzo prodotto e venduto da noi, diventa fondamentale poter disporre della relativa certificazione qualità.
Come ho scritto in passato, infatti,
controlli di qualità ben eseguiti e soprattutto documentati sono un ‘sistema di sicurezza’ prima di tutto per noi produttori, perché possono diventare la nostra ancora di salvezza nel caso di contestazioni.
Ho voluto fare questa premessa per dire che se consideriamo che il numero di macchine presenti nella nostra officina è aumentato e continua ad aumentare costantemente, così come seguitano a crescere le richieste di certificare la qualità dei pezzi che produciamo, quella di investire nuovamente nel reparto qualità è stata, per MICROingranaggi, una scelta quasi obbligata.
Se quindi nel 2009, in piena crisi economica, avevamo implementato la nostra sala metrologica con un evolventimetro CNC a 4 assi P26 di Klingelnberg (scelta che a molti era sembrata parecchio azzardata, ma che – ancora oggi – considero tra le decisioni più lungimiranti della storia di MICROingranaggi), oggi, a distanza di dieci anni, abbiamo deciso di fare il bis e di
acquistare un secondo evolventimetro CNC a 4 assi P26 di Klingelnberg, full optional e diretta evoluzione del modello precedente,
dotato di tutte le funzionalità necessarie (controllo rugosità, cambio testatore e così via).
Si è trattato di un investimento che non potevamo più rimandare. In primis perché il nostro Klingelnberg P26 si è trovato più volte a fare da collo di bottiglia per le ragioni che ho descritto in questo articolo. Ma anche e soprattutto perché, in termini generali, uno strumento come l’evolventimetro consente di avere la consapevolezza del livello qualitativo di ciò che si produce, di sapere cosa si può e cosa non si può ottenere da un determinato macchinario, nonché di comprendere le differenze tra una macchina e l’altra (a parità di modello, per esempio, una dentatrice potrebbe offrire maggiori garanzie di qualità rispetto a un’altra per una lavorazione particolarmente delicata).