Categorie
Dal settore Punti di vista

Chi progetta e chi produce devono essere un’unica entità?

Recentemente mi sono trovato a riflettere su una questione. Conviene che progettazione e produzione vengano demandate a una stessa entità, oppure è meglio tenerle separate? Come in tutte le cose, ovviamente, ci sono pro e contro in entrambi i casi. Senza contare, poi, che ogni situazione andrebbe valutata a sé. Detto questo, in linea generale propenderei per la prima ipotesi. E le ragioni che mi portano a questa conclusione sono parecchie, molte delle quali si basano sulla nostra esperienza.

Ci è capitato che in MICROingranaggi arrivassero clienti con l’esigenza di riprogettare un particolare pezzo già esistente che però non funzionava alla perfezione o addirittura che non era idoneo per la funzione che doveva svolgere. Ecco: in buona parte dei casi la ragione di una situazione come questa era da ricercarsi nel fatto che studio di progettazione e officina di produzione fossero proprio due strutture separate. Una volta evidenziato il problema da parte del committente poi, queste due entità tendevano a scaricare le responsabilità l’una sull’altra, con il risultato che il lavoro era stato pagato, ma il prodotto consegnato non era quello richiesto.
Situazioni come questa si verificano spesso, ma difficilmente accadono se chi progetta e chi produce sono la stessa realtà. Prima di tutto perché a livello di gestione si ha un unico referente e questo è sicuramente più comodo. A partire dalla banale organizzazione degli incontri periodici e assolutamente necessari di tutti gli attori coinvolti: se le varie figure (softwarista, professionista in ambito di elettronica, professionista nel campo della meccanica, e così via) sono anche solo fisicamente separate, i tempi inevitabilmente si dilatano e lo scambio di informazioni è molto più frammentato.
Poi c’è il discorso delle responsabilità. Quando si ha a che fare con un’unica entità, vien da sé che si assuma ogni tipo di responsabilità, proprio perché ha il controllo su tutto. Un esempio è il discorso dei tempi di consegna: nel momento in cui il cliente stabilisce una tempistica con noi, non possiamo più permetterci ritardi scaricando la responsabilità su questo o quell’altro professionista che coinvolgiamo. Viceversa se ci sono più attori coinvolti, inevitabilmente i tempi si dilatano.
In più c’è anche da tenere conto del fatto che se chi progetta produce anche, ovviamente conosce bene tutte le tecnologie di produzione – nuovi utensili, nuove macchine, nuovi software che consentono di fare cose che prima non erano possibili, tecnologie di misurazione che un tempo non si potevano avere – e se ne avvantaggia. Questo punto in particolare non è assolutamente da dare per scontato, ma è molto importante, anche perché il contrario creerebbe dei comparti stagni in cui il progettista progetterebbe solo senza interagire con la produzione secondo abitudine, e chi produce, produrrebbe solo senza avere però conoscenze di progettazione. Una situazione come questa, a mio avviso, rischia di diventare esplosiva.

Questo è il nostro punto di vista. Ora giro a voi la domanda: è meglio demandare alla stessa entità progettazione e produzione oppure è meglio tenerle separate? Cosa ne pensate?

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

5 risposte su “Chi progetta e chi produce devono essere un’unica entità?”

Mi sento coinvolto nelle tue riflessioni e, al tempo stesso, partecipe dei tuoi dubbi in merito al quesito che hai proposto.
Nell’arco della mia vita professionale, interamente dedicata alla progettazione nel settore della meccanica di precisione, ho avuto modo di sperimentare entrambe le soluzioni nella veste di dipendente presso varie aziende prima e di libero professionista poi.
Nel primo caso si trattava, ovviamente, di progettazione integrata col sistema produttivo di una specifica azienda, mentre nel secondo caso l’attività era ed è tuttora completamente separata (fisicamente parlando) dal contesto aziendale.
Che dire allora per rispondere alla domanda?
Come hai giustamente premesso tu ”ci sono i pro e i contro in entrambi i casi”.
La tua analisi si concentra sui “pro”, sui vantaggi di avere il team di progettazione quotidianamente integrato nell’ambito aziendale.
Nulla da eccepire in merito alle tue considerazioni.
Però, ci sono dei però, per cui vorrei spendere qualche parola a sostegno della progettazione separata, invece, dall’azienda che produce il bene.
In primo luogo, il ricorso ad una forma di collaborazione esterna, in outsourcing, offre, al committente la massima flessibilità gestionale.
Oggi c’è il bisogno e si utilizza il servizio.
Domani non c’è alcun bisogno e non se ne fa uso.
Banalizzando, oggi uso il taxi, domani i mezzi pubblici e dopodomani la bicicletta di cui dispongo, e così via.
In secondo luogo, l’uso di una fonte esterna all’azienda consente di attingere a competenze professionali diversificate.
Chi svolge attività di progettazione fuori dal contesto produttivo, in veste di libero professionista, è notoriamente costretto ad affrontare tematiche diverse e per clienti diversi.
Quindi, per quanto riguarda l’aspetto prettamente tecnico acquisisce e fornisce un know how molto diversificato in ordine sia alla tipologia di macchine o parte di esse, sia alla loro funzionalità intesa come soddisfazione del cliente finale.
Un ultimo aspetto che mi preme evidenziare è quello umano.
Non dimentichiamo mai questo aspetto.
Penso sia sempre quello che fa la differenza per entrambe le soluzioni in discussione.
L’uomo è sempre l’artefice del successo o dell’insuccesso qualunque sia la metodologia utilizzata per raggiungere un obiettivo.
Quindi il fatto che sia integrato in un sistema produttivo oppure separato da esso è sempre lui, l’uomo, a fare la differenza.
La cosiddetta “passione”, la determinazione e, in molti casi, l’abnegazione con la quale si affrontano i vari problemi, siano essi di carattere tecnico o meno, ritengo siano il motore che porta alla vittoria.
Grazie per l’opportunità.
Ottorino ANGHINONI

Buongiorno Ottorino,
ho apprezzato molto le tue parole, del resto ho la fortuna di averti conosciuto e ti stimo molto sia come persona che come tecnico.
Il nostro spunto nasce ovviamente dalla nostra esperienza e il gradimento del mercato (con tutte le difficoltà di questo periodo) ne è una conferma ma condiviso totalmente la tua riflessione, l’uomo è il fulcro di tutto, il più potente dei software o la macchina tecnologicamente più avanzata sono inutili senza menti capaci.
Ti ringrazio per la tua graditissima riflessione e ti saluto con un “a presto”.

Scusa per il ritardo!
Grazie mille per gli apprezzamenti!
Spero possa maturare una occasione per incontrarci di nuovo.

Buongiorno Stefano,
Buongiorno Ottorino,
sono un progettista meccanico con una lunga esperienza sia come consulente libero professionista che come dipendente. Sono assolutamente d’accordo con entrambi, e vorrei sintetizzare una sorta di chiave di scelta per l’una o l’altra tipologia di collaborazione.
Se l’azienda che chiede il servizio produce macchine di serie, o impianti dove realizza più o meno sempre le stesse macchine, ha bisogno della collaborazione di un dipendente che “vive” l’azienda, le sue strutture, le sue tecnologie e il suo know-how. Se invece l’azienda sta studiando un nuovo prodotto, un prototipo, per il quale le tecnologie e conoscenze disponibili non sono sufficienti, o non consentono di svilupparlo in tempi ragionevoli, allora ha bisogno di un consulente esterno, che unendo la propria esperienza a quella aziendale è sicuramente in grado di sviluppare il progetto in tempi e modi adeguati.
Vi ringrazio e saluto cordialmente.
Giuseppe Magara

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *