La mia risposta è sì. Sì, ogni azienda dovrebbe essere certificata, a patto che lo spirito con cui viene approcciato il percorso sia “sano e costruttivo”. Vi spiego cosa intendo.
Credo capiti a tutti di avere a che fare con fornitori che, a volte, non riescono a soddisfare appieno le nostre esigenze. Siccome però siamo noi – in qualità di intermediari tra fornitori e clienti – a dover colmare eventuali divari logistici o tecnologici per garantire ai nostri clienti ciò di cui hanno bisogno, l'analisi approfondita di ogni potenziale fornitore diventa una fase cruciale.
I dati sono oggettivi, imparziali e neutri, ma – a volte – devono essere interpretati tenendo conto anche di altri fattori che, pur incidendo sul risultato finale in egual misura o quasi, non possono essere quantificati né trasformati in numeri oggettivi, ma considerati solo nella loro dimensione qualitativa.
Monitorare un processo non significa controllare le azioni di una persona. Questo è un aspetto che, a nostro avviso, non può essere in alcun modo sottovalutato, pena il successo dell'intero progetto.
L’aspetto primario da considerare per accorciare le tempistiche produttive è l’utilizzo, quando possibile, di utensili standard. Un aspetto semplice, ma non banale, che – come penso possiate immaginare – inciderà positivamente anche sui costi.
I dati sono oggettivi, imparziali e neutri, ma è fondamentale considerare anche che, in un determinato contesto, possono restituire una risposta piuttosto che un'altra a seconda di come vengono letti.
Oltre a verificare quali delle tecnologie predisposte non hanno "retto l'attacco", è importante intercettare e comprendere dove il fattore fortuna ha giocato un ruolo significativo.
Questo permette di integrare tali elementi nelle misure adottate, trasformando il tutto in una procedura operativa collaudata.
Quando una fabbrica è connessa in rete, è anche inevitabilmente esposta a possibili cyber attacchi. Ma quali sono le vulnerabilità più comuni nelle factory 4.0? E quali le principali soluzioni?
Chi ci conosce sa bene che per MICROingranaggi le persone sono la risorsa più grande.
Quindi, secondo noi, la risposta è no: le nuove tecnologie non possono prendere il posto dell'uomo. A patto, però, che sussistano determinate condizioni...
Nonostante siano numerosi i benefici dimostrati, molte aziende faticano ancora a metabolizzare il concetto di Industria 4.0 con tutto ciò che si porta dietro. Per questo può essere un po' prematuro e fuorviante cominciare già a parlare di Industria 5.0.
Seguire l'evoluzione del mercato e affidarsi ai numeri sono due passaggi fondamentali nell'ottica di ottimizzare procedure e processi al fine di migliorarli. Ma, come quasi sempre accade, sono le risorse umane gli elementi chiave che fanno da innesco.
Obiettivo di questo percorso è stato quello di individuare tutte le situazioni potenzialmente critiche, monitorarle e intervenire al fine di prevenire possibili rischi, infortuni e malattie in ambito professionale.
Un “problema” da risolvere non deve necessariamente essere di evidente; può anche essere latente o non immediatamente visibile. È quindi opportuno condurre controlli periodici per monitorare e promuovere l'evoluzione e il miglioramento dei flussi operativi.
È fondamentale far accrescere il livello di consapevolezza dei lavoratori sulle specifiche attività che stanno portando avanti. Fare in modo, in altre parole, che focalizzino l'attenzione sul fatto che stanno operando per ottenere un risultato e non per inerzia.
... e questo, come potete immaginare, è un problema “abbastanza” consistente, perché rischia di vanificare buona parte degli sforzi precedentemente fatti. Per far fronte a questa criticità, stiamo adottando alcune soluzioni.
Una digitalizzazione portata a tutti i livelli di una azienda permette di ottenere un miglioramento dell'efficienza generale, una semplificazione delle operazioni, un incremento della produttività a fronte di un contenimento dei costi. In genere, però, il tutto non avviene senza difficoltà. Ecco la nostra esperienza