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Factory 4.0 Punti di vista

Processo di digitalizzazione di un’impresa: rendere operative le procedure stabilite è una sfida enorme

... e questo, come potete immaginare, è un problema “abbastanza” consistente, perché rischia di vanificare buona parte degli sforzi precedentemente fatti. Per far fronte a questa criticità, stiamo adottando alcune soluzioni.

C’è un fenomeno che si tende a sottovalutare quando si parla di Industria 4.0 e digitalizzazione di un’azienda:

rendere operative le procedure stabilite è una sfida enorme.

Mi spiego meglio.
Il processo di digitalizzazione di un’impresa consiste – in maniera molto semplificata – in una prima fase di raccolta dati (sempre preceduta dalla scelta dei dati da raccogliere), in una seconda fase di analisi di tali dati, in una terza fase di definizione delle procedure da mettere in pratica in ottica di miglioramento e in una quarta fase in cui tali procedure devono essere messe in pratica, ossia diventare operative e opportunamente coercitive.

Ebbene, quest’ultima fase spesso si rivela più complessa del previsto, perché non sempre ciò che è stato stabilito viene poi effettivamente messo in pratica. E questo, come potete immaginare, è un problema “abbastanza” consistente, perché rischia di vanificare buona parte degli sforzi precedentemente fatti.

Come uscirne, quindi?

Una prima soluzione è quella di creare degli indici di controllo, che rendano più semplice e preciso il processo di verifica.

Immaginate, per esempio, che in sede di riunione venga stabilito che quando arriva un ordine di un cliente di 12mila pezzi, non si debba scendere al di sotto dei 3mila pezzi prodotti alla volta, onde evitare di andare a intaccare eccessivamente i margini di produzione considerati in fase di preventivo contenente fasi interne ed esterne. Ebbene, in situazioni analoghe a questa, ci si riesce a rendere conto che tale margine viene intaccato, proprio perché ci si accorge che l’indice di controllo stabilito (ovvero – nel nostro esempio – la produzione di 3mila pezzi alla volta) non viene in realtà rispettato dal reparto produzione.

Un altro passaggio chiave è poi quello di fermarsi a fare un po’ di autoanalisi per capire “perché” quella procedura stabilita non è stata rispettata.

La procedura in questione, per esempio, potrebbe non essere stata comunicata a chi di dovere con sufficiente chiarezza. Oppure potrebbero non essere stati introdotti dei sistemi di controllo adeguati.
O, ancora, l’operatore addetto alla macchina in questione – per riprendere l’esempio di prima – potrebbe aver sottovalutato la reale importanza dell’indicazione data, non tenendone sufficientemente conto nel momento in cui si è trovato a dover prendere una iniziativa su come procedere.

“Ho ritenuto più urgente un altro ordine e ho prodotto meno di 3mila pezzi per iniziare l’altro…”. Questo è un esempio classico di quello che – sicuramente in buona fede – può passare per la testa di un operatore. Il fatto è però che, quando viene fatta una schedulazione ben precisa, che tiene conto anche di accordi preliminari con fornitori e terzisti, e viene fatta partire una macchina che non era previsto partisse in quel momento, viene totalmente modificata la pianificazione generale non solo di quel reparto produttivo, ma anche degli altri. Il risultato è che aumentano i costi (perché quella pianificazione non era stata fatta a caso, ma proprio nell’ottica di ottimizzare le spese di produzione interne ed esterne) e, dulcis in fundo, si rischia anche di tardare delle consegne.

Quindi,

esattamente come un bravo coach allena la sua squadra tenendo conto delle reali capacità dei giocatori che la compongono, un Operation Manager capace deve necessariamente fare in modo che le procedure stabilite, che generano le azioni operative, tengano conto della efficacia delle comunicazioni necessarie e delle reali skill di chi il lavoro poi lo deve fare.

di Pietro Asti

È Operation manager di MICROingranaggi con il compito di affiancare la direzione nella scelta e nella creazione di strumenti sempre più utili per i diversi ambiti operativi e gestionali.
Secondo Pietro un problema da risolvere non deve necessariamente essere evidente; può anche essere latente o non immediatamente visibile. Poi, una volta individuato cosa non va, occorre estrarre i dati e analizzarli per gettare le basi di un percorso volto al miglioramento.

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