Uno degli argomenti più discussi nelle ultime settimane è inevitabilmente lo smart working, se non altro perché – data la situazione attuale – i datori di lavoro delle industrie sono stati invitati dal Governo a concedere questa modalità lavorativa ove possibile.
Per quello che ci riguarda non sono molte le attività che possono essere svolte da remoto.
Abbiamo però voluto comunque discuterne con il personale prendendo in considerazione diversi fattori e decidendo, dato l’aggravarsi dell’emergenza sanitaria, di offrire questa possibilità ai nostri collaboratori dopo attente valutazioni. E così, grazie al prezioso lavoro del nostro tecnico IT che in tempi record (meno di due giorni!) è riuscito ad attivare le vpn, preparare i pc e testare il tutto, già a partire da oggi sei persone di MICROingranaggi (e in particolare chi si occupa di vendite, acquisti, ufficio tecnico e commerciale) possono lavorare in smart working.
Purtroppo le altre mansioni, come i due reparti produttivi di tornitura e dentatura, il controllo qualità, l’assemblaggio e il magazzino, non possono essere delocalizzate.
Detto ciò, vorrei comunque condividere con voi alcune considerazioni sul tema smart working in questo particolare momento.
Considero positivo che molte aziende abbiano aperto a questa possibilità, poiché porta indubbiamente tantissimi vantaggi, MA – in moltissimi casi – NON adesso che le scuole sono chiuse e molte famiglie si ritrovano ad avere bambini e ragazzi che inevitabilmente gironzolano per casa, situazione davvero poco compatibile con l’attività lavorativa.
Ritengo quindi che
lo smart working di questi giorni debba essere considerato ciò che realmente è: una emergenza dettata dal particolare momento. Pertanto NON sarebbe veritiero valutarne i risultati ora.
Lo smart working, infatti, non è una modalità lavorativa che si può improvvisare, ma per essere efficace deve seguire precise regole che riguardano sia gli spazi lavorativi – che devono essere adatti alla collaborazione, alla comunicazione e alla concentrazione – sia l’educazione e la responsabilizzazione del lavoratore, che deve imparare a sviluppare determinati atteggiamenti e abitudini lavorative tutt’altro che banali, a partire dalla corretta gestione del tempo.
A questa vorrei aggiungere altre considerazioni che potrebbero magari apparire scontate, ma che – vi assicuro – non lo sono affatto.
Ed è per questo che considero estremamente importante che ogni impresa – prima di imporre qualsiasi cosa – faccia con i propri dipendenti e collaboratori tutte le valutazioni del caso.
Vi faccio un esempio pratico.
Poniamo il caso che una impresa abbia il 30% del personale a rotazione in smart working.
Ciò significa che avrà necessità del 30% di spazi in meno, così come di meno scrivanie, meno spese energetiche, e magari anche meno posti auto. Al tempo stesso i dipendenti avranno meno spese di viaggio, pasti fuori casa e probabilmente anche meno stress e più tempo libero. Tutto vero, MA – e questo secondo me è l’aspetto importante da tener presente –
quella stessa azienda non dovrà trascurare alcune condizioni specifiche verso i dipendenti.
Ve ne cito solo tre che, ma naturalmente non le uniche da considerare.
UNO. Non è scontato che un dipendente abbia, all’interno della propria abitazione, lo spazio idoneo da adibire a postazione di lavoro (pensate ad esempio a chi necessita di doppio schermo, ma anche, più banalmente, di una stanza riservata al lavoro in cui svolgere le attività senza essere disturbato).
DUE. L’azienda dovrebbe fornire gli strumenti informatici per il lavoro da casa, quali almeno pc e linea internet. E magari anche un piccolo e simbolico rimborso che compensi eventuali spese aggiuntive come energia elettrica o linea telefonica.
TRE. L’azienda dovrebbe organizzarsi in modo tale che, quando il lavoratore è in ufficio, abbia una postazione di lavoro garantita, senza che sia obbligato a girovagare per piani o palazzi alla ricerca di una scrivania libera.
Siete d’accordo?
Per ora vi saluto augurando a tutti noi che questa situazione di emergenza rientri presto per innumerevoli ragioni, fra cui – restando in tema smart working – la mia ferma convinzione che per la gran parte dei lavori (per non dire tutti)