Antonella, qual è stata la chiave che ti ha permesso di arrivare dove sei oggi? “Ambizione verso un miglioramento continuo, determinazione a non fermarsi mai davanti al cambiamento e alle sfide che spesso ne conseguono, ottimismo e voglia di crescere”.
Antonella Silvagni oggi è Chief Financial Officer di MICROingranaggi, una figura chiave per la gestione e la pianificazione finanziaria di un’impresa, ma anche Responsabile delle risorse umane. Da sempre, inoltre, è – a tutti gli effetti – il braccio destro di Stefano Garavaglia.
Entrata ufficialmente in azienda nel 1991 come figura amministrativa, nei suoi quasi trent’anni in azienda ha visto evolvere il suo ruolo, che oggi abbraccia diverse aree. Abbiamo voluto incontrarla per parlare di idee, di progetti, ma anche di cosa significhi essere donna in un settore prevalentemente maschile. E di cosa voglia dire occupare un ruolo non tecnico in un comparto – quello della micromeccanica di precisione – profondamente specializzato.
Partiamo dal principio. Antonella, com’è cominciato tutto?
“A distanza di tanti anni, posso dire che il mio incipit non è stato facile. Il fatto che fossi una figura professionale non tecnica in un ambito così specializzato come il nostro, di doverne capire quasi da zero certe dinamiche oggettivamente complesse mi ha messa di fronte a una sfida non indifferente.
La mia fortuna è stata quella di crescere insieme a MICROingranaggi, perché mi ha permesso e dato il tempo di conoscere strada facendo tematiche e problematiche inerenti l’attività man mano che si presentavano. Voglio dire che se avessi dovuto fare questo stesso percorso partendo però da un’azienda molto più strutturata – come è MICROingranaggi oggi – sarebbe stato sicuramente più complesso.
Col senno di poi posso dire che diventare man mano imprenditori è stata una bella sfida, ma credo che l’ambizione a un continuo miglioramento, il non fermarsi davanti a obiettivi prefissati e ai cambiamenti che man mano avvengono sia la chiave per arrivare dove si vuole”.
Un bel punto di vista, non c’è dubbio. Ma probabilmente un ruolo determinante lo hanno giocato anche il tuo ottimismo e l’essere stata capace – insieme Stefano – di fare gioco di squadra. È così?
“Sì, probabilmente sì. Con il crescere dell’azienda sono cresciuti anche impegni e difficoltà (di tempo e di energie), ma la visione comune a quella di Stefano, la positività che ci contraddistingue, l’assoluto rispetto e autonomia del lavoro dell’altro ci hanno portati dove siamo.
Sull’altro fronte, per fortuna, le gratificazioni sono state tante, e giustificano l’effort impiegato, oltre che dare la forza e la voglia di continuare”.
Una delle attività di cui ti occupi è legata alla gestione delle risorse umane. Spesso, però, avere a che fare con le persone non è semplice, ti costringe a metterti in gioco. Qual è stata la tua esperienza in proposito?
“Ho cominciato a occuparmi di risorse umane quando, a un certo punto della sua storia, MICROingranaggi ha avuto bisogno di una figura che ricoprisse questo ruolo perché il personale iniziava a crescere. E così ho deciso di buttarmi in questa nuova avventura.
All’inizio eravamo pochi ed era tutto abbastanza semplice. Poi, man mano che MICROingranaggi cresceva e si strutturava, abbiamo dovuto necessariamente inserire più regole e impostare un metodo di lavoro diverso, più strutturato. Da un ambiente familiare, in altre parole, siamo passati a essere una realtà aziendale”.
E questo cosa ha comportato?
“Intanto si è trattato di un passaggio non semplice da comunicare ai nostri collaboratori e non nascondo di avere avuto – inizialmente – qualche difficoltà nell’affrontarlo. Fondamentalmente volevo che il passaggio fosse vissuto dai nostri collaboratori nel miglior modo possibile, ma che – al tempo stesso – fosse anche efficace. Questo mi ha portata a farmi qualche scrupolo e a mettermi in gioco notevolmente.
Di grande supporto mi è stato seguire un percorso di coaching sulla leadership, e studio sulla materia. Poi il tempo ha fatto il resto. Oggi affronto molto più spontaneamente certe situazioni.
Sulla base della mia esperienza, posso dire che lavorare con le risorse umane porta comunque a una crescita continua: le persone cambiano, i collaboratori aumentano, ci sono ruoli che devono essere ridistribuiti e il lavoro da fare è sempre tanto. Di buono c’è che si tratta di un lavoro molto stimolante!
E poi l’aver ottenuto la certificazione Great Place To Work, e quindi l’essere stati riconosciuti ufficialmente un buon posto in cui lavorare, significa anche che ho fatto bene il mio lavoro”.
Ancora una domanda sulle risorse umane e in particolare Ti ha mai creato difficoltà essere una donna in un ambiente prevalentemente maschile?
“No, assolutamente, anzi!
In MICROingranaggi quasi un quarto del personale è composto da donne e questo, a parer mio, è positivo per essere in un ambito manifatturiero. Purtroppo, però, si tratta prevalentemente di figure professionali non tecniche ed è un vero peccato, soprattutto se penso alla carenza di personale tecnico con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno”.
Tra i progetti che hai seguito in tutti questi anni, ce n’è uno di cui vai particolarmente fiera?
“Nel 2018 MICROingranaggi ha ottenuto il finanziamento del Bando Al Via, un’iniziativa indetta dalla Regione Lombardia, volta a supportare gli investimenti da parte delle PMI al fine di rilanciare il sistema produttivo del nostro paese. Si è trattato di un progetto decisamente importane per noi, perché è stata proprio in quell’occasione che abbiamo dato il via al piano di investimenti più importante della nostra storia, che ci ha poi portati a diventare l’Industria 4.0 che siamo adesso.
Si è trattato di un progetto che ho seguito personalmente con il supporto della nostra associazione (API) e che si è tradotto in una grande sfida a livello personale oltre che naturalmente professionale. Mi sono trovata ad affrontare un percorso tutt’altro che semplice, oltre che al di fuori del mio specifico contesto lavorativo. Il tutto, però, si è concluso nel migliore dei modi: tanto lavoro, ma anche una forte gratificazione non solo per aver seguito il progetto in sé, ma anche, e forse soprattutto, nel vedere oggi quello a cui ha portato”.