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Il piano Transizione 5.0 è arrivato troppo a ridosso del piano legato al 4.0 e altre considerazioni

La nostra impressione è che il piano Transizione 5.0 finisca per risultare poco utile per le imprese già avanzate tecnologicamente e, al tempo stesso, inaccessibile o troppo complesso per quelle che invece vorrebbero iniziare ora un percorso di trasformazione. Ma non solo…

Partiamo da quello che è noto: il Piano Transizione 5.0 è un’iniziativa del nostro governo volta a sostenere le imprese nella doppia transizione digitale ed ecologica. Per farlo ha stanziato per il biennio 2024-2025 complessivamente 12,7 miliardi di euro, di cui 6,3 destinati specificamente a questo piano.

L’iniziativa di per sé è certamente interessante, ma ci sono delle considerazioni da fare.

La PRIMA è più concettuale.
In un paese come l’Italia, fatto di tantissime piccole e micro imprese, spesso a conduzione familiare, gestire un’azienda può essere molto impegnativo. In moltissimi casi ci troviamo di fronte a realtà dove padre, madre, figli e pochi altri collaboratori si occupano di tutto: dalla produzione all’amministrazione, dalle vendite agli acquisti al marketing.

Ebbene, come abbiamo già detto qualche tempo fa ,

nonostante se ne parli da tanto e nonostante siano numerosi i benefici dimostrati, realtà come queste faticano ancora a metabolizzare il concetto di Industria 4.0 con tutto ciò che si porta dietro. Ci pare pertanto un po’ prematuro e fuorviante cominciare così presto a parlare di transizione 5.0.

Anche perché non stiamo parlando di una ulteriore rivoluzione industriale, soprattutto in considerazione del fatto che il tema della sostenibilità faceva già parte del concetto di Industry 4.0.

La SECONDA considerazione ha invece un carattere più pratico.
Per accedere agli incentivi previsti dal piano Transizione 5.0, il processo produttivo deve diventare più sostenibile. Il che, a livello pratico, significa che uno stesso pezzo deve essere prodotto con un minor impatto in termini di emissioni.
E come far sì che ciò accada? Fondamentalmente integrando nel processo macchinari che consumino meno energia.
Fino qui tutto sembra semplice e interessante, ma..
Anche questa volta c’è un ‘ma’.

Per sapere se il macchinario che si intende acquistare consumerà effettivamente meno rispetto a quello già installato, sarebbe quantomeno necessario conoscere i consumi di quest’ultimo, attraverso uno storico dei consumi. Ma disporre di tali dati non è così scontato, poiché non è mai stata prassi comune raccogliere e monitorare queste informazioni in modo sistematico.

Ora, supponiamo pure che questo aspetto sia aggirabile – per esempio iniziando a monitorare i consumi della macchina dal momento in cui si decide di sostituirla – resta comunque un’altra questione da considerare.

Una questione – la TERZA – che, a nostro avviso, è il vero fulcro di tutto.

Il piano Transizione 5.0 è arrivato troppo a ridosso del piano Transizione 4.0.

Gli incentivi legati al 5.0, utilizzabili solo entro il 31/12/25, seguono di poco quelli del 4.0, che peraltro, seppur drasticamente ridotti, non sono ancora terminati. Questo significa che la maggior parte di coloro che poteva o voleva investire in nuove tecnologie per portare avanti la propria transizione ecologica/digitale, molto probabilmente lo ha già fatto, sfruttando risorse – le proprie – che non sono illimitate.

Il governo, in altre parole, sta offrendo nuovi incentivi per intraprendere azioni legate alla sostenibilità, a cominciare dalla sostituzione di macchinari obsoleti. Avendo però già aderito ai diversi piani dell’Industria 4.0, è probabile che le aziende interessate non possiedano già più macchine vecchie. E quindi? A cosa servirebbero questi incentivi?
E chi invece possedesse ancora macchinari obsoleti non avendo aderito aderito al 4.0? Il problema si porrebbe comunque: anche se infatti non è obbligatorio aver partecipato al Piano 4.0 per beneficiare delle agevolazioni del 5.0, molti dei requisiti del nuovo piano presuppongono un livello di modernizzazione tecnologica tipico solo delle realtà che hanno investito nel 4.0.

La nostra impressione è quindi che

il piano Transizione 5.0 finisca per risultare poco utile per le imprese già avanzate tecnologicamente e, al tempo stesso, inaccessibile o troppo complesso per quelle che invece vorrebbero iniziare ora un percorso di trasformazione.

Verrebbe da pensare che chi ha fatto queste leggi non conosca così bene le dinamiche delle piccole/medie industrie…

Voi cosa ne pensate?

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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