Si leggono continuamente articoli e post che parlano di come i progressi in ambito tecnologico porteranno alla scomparsa di diverse professioni. Non molto tempo fa ha fatto il giro del web un pezzo pubblicato da Careercast.com che ha stilato la la classifica dei 10 lavori che entro i prossimi anni rischiano l’estinzione: postino, agricoltore, meter reader, reporter, agente di viaggio, taglialegna, assistente di volo, operaio di fabbrica, tipografo, esaminatore di tasse.
Come ho già scritto in un vecchio post, il processo di digitalizzazione in corso porterà sì alla scomparsa di alcune professioni (com’è fisiologico che sia), ma ne creerà di nuove. Ora però vi pongo (e mi pongo) una domanda più specifica:
un giorno scomparirà anche la figura professionale del progettista meccanico?
In altre parole: se immaginiamo un futuro in cui i robot costruiranno robot al posto dell’uomo, possiamo ipotizzare che li progettino anche? E se sì, sulla base di quali esperienze potranno farlo? Grazie a quali conoscenze? Chi sarà a trasmettergliele?
In un mondo ideale e fantascientifico si potrebbe pensare di trasferire tutto lo scibile umano in fatto di nozioni e competenze in ambito di progettazione meccanica direttamente nel cervello di un robot. Questo però vorrebbe dire che tutti sarebbero messi nella condizione di progettare qualsiasi cosa in autonomia.
È possibile? Non credo proprio, perché ciò che caratterizza la figura del progettista meccanico sono la creatività e la capacità di inventare, entrambi aspetti imprescindibili dal bagaglio di esperienza pregressa e know-how che questa figura si porta appresso.
Quindi la mia risposta è no: un robot non sarebbe mai in grado di realizzare brevetti. Solo l’uomo può riuscirci. Il lato più creativo della progettazione meccanica non potrà mai essere soppiantato dalle macchine.
Quello che i progressi in ambito tecnologico potrebbero fare (e che ci si auspica riescano a fare al più presto) è fornire un ulteriore supporto per alcune fasi del lavoro del progettista meccanico, permettendoci così di ottenere significativi risparmi in termini di tempo e costi.
Mi riferisco per esempio all’automatizzazione della messa in tavola dei disegni 2D: si potrà arrivare al 90/95% dell’esecuzione automatica di questa fase del lavoro di progettazione, ma dovrà comunque sempre esserci un operatore che si occupi di apportare eventuali correzioni. Che poi altro non è che quello che già oggi accade con i software CAM che, partendo dal modello 3D, realizzano il programma per la macchina: un tempo era l’operatore specializzato a occuparsene; oggi invece questi software estremamente complessi sono in grado di svolgere tutto in autonomia e la figura dell’operatore è necessaria solo per la supervisione e la correzione dei dettagli.
La ricerca in ambito tecnologico potrebbe anche portare allo sviluppo di software in grado di supportare il progettista nella scelta del materiale da utilizzare nei suoi progetti. Immaginiamo per esempio di lavorare in ambito avionico dove l’aspetto legato al peso dei materiali è molto influente: un giorno (magari neanche troppo lontano) potrebbe esistere un programma in grado di proporci l’utilizzo del materiale più idoneo da usare, elaborato sulla base di questo specifico caso applicativo.
O ancora: software molto più complessi di quelli che esistono oggi, in grado di affinare i loro calcoli sulla base di esigenze applicative specifiche. Un esempio pratico: i programmi che abbiamo a disposizione oggi ci permettono di simulare e arrivare a conoscere la durata media di un ingranaggio, ma non quella che avrebbe se lavorasse in condizione estreme (a 40 gradi sotto zero, per esempio). I software di simulazione virtuale sono dotati di librerie di casistiche, ma non è ancora possibile simulare tutte le condizioni applicative possibili e immaginabili.
Vi faccio un ultimo esempio (ma potrebbero essercene molti altri). Pensate alle prove di omologazione che si fanno in ambito automotive. I freni di un veicolo, per esempio, devono funzionare a temperature altissime causate dalla forza di attrito e spesso in condizioni ostiche (bagnato, freddo..), venendo così sottoposte a shock termici che – a lungo andare – ne causano il deterioramento. Le prove di omologazione sui freni oggi vengono effettuate attraverso l’utilizzo di ingombranti e costose strumentazioni e portano via tantissimo tempo. Vien da sé quindi che se a farle fossero sofisticati software virtuali, si potrebbero ottenere risparmi non indifferenti in termini di tempo e costi.