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Solo veicoli elettrici dal 2035. Opinione di un imprenditore italiano appassionato di auto

Vorrei fare alcune considerazioni di carattere più generale, in qualità – prima di tutto – di italiano preoccupato di tutto ciò che questa manovra potrebbe innescare. Ma anche in qualità di imprenditore a capo di un'azienda che fa componentistica meccanica ed elettromeccanica di precisione anche per il comparto automotive. E poi, perché no, in qualità di appassionato di auto.

Il tema è noto: “L’Unione europea ha stabilito che dal 2035 sarà vietato vendere veicoli con motore a benzina, diesel, gpl o ibride, con l’obiettivo di passare in toto alle auto elettriche”.
La questione è piuttosto complessa e le opinioni dei tecnici sono spesso disallineate tra loro.
Ebbene, con questo post non voglio certo mettermi a disquisire con esperti in materia su argomenti che indubbiamente conoscono meglio di me, ma vorrei fare comunque alcune considerazioni di carattere più generale, in qualità – prima di tutto – di italiano preoccupato di tutto ciò che questa manovra potrebbe innescare. Ma anche in qualità di imprenditore a capo di un’azienda che fa componentistica meccanica ed elettromeccanica di precisione anche per il comparto automotive. E poi, perché no, in qualità di appassionato di auto.

PRIMA CONSIDERAZIONE

Come ho già scritto in passato, in un paese come l’Italia, decidere di non inquinare utilizzando un mezzo che dovrebbe essere ecologico grazie al consumo di energia elettrica al posto di un motore a combustione non ha molto senso se poi l’energia che serve per alimentarlo viene prodotta da una centrale a carbone o similari.
Quindi la prima considerazione è legata alla sostenibilità ambientale (reale o presunta).

SECONDA CONSIDERAZIONE

La seconda considerazione è, invece, legata alla effettiva messa in pratica di ciò che l’Ue ha stabilito. Per come la vedo io, infatti, è un po’ come se per costruire una casa si partisse dal tetto piuttosto che dalle fondamenta.
In un paese come l’Italia – intendo dire – sarebbe più logico partire dalle infrastrutture necessarie alla produzione di energia elettrica. Anche perché nella gran parte delle città italiane – prendiamo Milano in estate, per esempio – ogni due per tre salta la corrente a causa dei troppi condizionatori accesi; vi lascio immaginare cosa accadrebbe se lungo le strade, ci fosse anche un 20/30% di auto elettriche circolanti. Auto elettriche che, naturalmente, in qualche modo devono essere ricaricate.

Quindi, indipendentemente dal fatto che per avere un senso in tema di sostenibilità (ammesso che davvero interessi a qualcuno), l’energia dovrebbe arrivare da fonti rinnovabili, se vogliamo incentivare l’utilizzo di auto elettriche, in ogni caso la corrente necessaria per ricaricarle quantomeno dovrebbe esserci, ed essere facilmente reperibile. O no?

La logica pertanto porterebbe a pensare che prima sarebbe necessaria una riforma del sistema energetico, decidendo – una volta per tutte – dove prendere l’energia elettrica. Anche perché fotovoltaico, moto ondoso, eolico, geotermia e via dicendo da sole non bastano. Se le utilizzassimo tutte insieme, con la capacità di produzione odierna non arriveremmo neppure al 20% dell’energia che ci serve.
Poi ci sono le altre fonti: gas, carbone e nucleare. A prescindere dal fatto che ci sarebbero comunque problematiche (tutt’altro che trascurabili) legate alle tecnologie impiegate, alla pericolosità e, naturalmente, alla sostenibilità, la mia impressione è che comunque manchi un piano operativo a riguardo da parte del nostro Governo (e non ne sto facendo una questione politica, constato solo la realtà delle cose).

Quindi ribadisco:

è solo una volta capito dove prendere l’energia, che ha senso incentivare l’utilizzo di auto elettriche.

TERZA CONSIDERAZIONE

Nel frattempo – mentre si decide come dare il via, nel concreto, a questa sorta di transizione – “forse” sarebbe anche opportuno pensare a tutte quelle centinaia di migliaia di lavoratori che operano nell’indotto dei motori termici. Lavoratori che in Italia NON sono pochi!
È vero infatti che nel nostro paese costruiamo poche autovetture rispetto, per esempio, a paesi come la Germania, la Francia o la Spagna, ma produciamo tantissima componentistica destinata all’automotive.
Ebbene, queste imprese sono pronte a una riconversione di tutti i loro impianti entro il 2035? E, poi, riconversione per produrre cosa esattamente? Sappiamo bene che la componentistica elettrica è, di fatto, monopolio dei paesi asiatici. Senza contare che per produrre un’auto elettrica occorre circa il 40% in meno di componenti, ed è necessario circa 30/40% in meno di personale per l’assemblaggio.

Quindi cosa accadrà? L’Italia si troverà con centinaia di migliaia di lavoratori che hanno perso il posto e che quindi devono essere sussidiati? E, in quel caso, dove pensiamo di prendere il denaro necessario per tutti questi aiuti? Ancora una volta dalle tasche dei 20 milioni di lavoratori italiani? Sempre da quelle?
A tal proposito quindi domando: il Governo ha un piano per gestire le conseguenze di un passaggio massivo all’elettrico in meno di tredici anni?

QUARTA e ultima CONSIDERAZIONE

Lo Stato italiano incassa svariati miliardi di euro dalle accise sui carburanti (nel 2021 sono stati quasi 24 miliardi).
Come è stato previsto di rimpiazzare questi non pochi soldini?

E con queste considerazioni, vi saluto e vi auguro una buona estate!

…sono davvero curioso di leggere le vostre opinioni a riguardo!

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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