Quanto ci vuole a mettere in piedi un reparto per il controllo qualità di buon livello?

Ricordo un tale che mi disse: “Il rugosimetro non mi serve. La corretta rugosità di un pezzo, la sento con l’unghia”. Esempio paradossale, ma resto sempre colpito da quante siano le imprese che sottovalutano l’aspetto del controllo qualità.

Ricordo un incontro di qualche tempo fa con il titolare di un’azienda specializzata in rettifiche. L’azienda in questione non aveva tra i propri strumenti di lavoro il rugosimetro, necessario per la misura e la valutazione delle micro irregolarità di una superficie (usato quindi per il controllo della rettifica stessa), perché il titolare era solito verificare la corretta rugosità del pezzo “sentendola con l’unghia”.

Forse l’esempio è un po’ paradossale (assolutamente veritiero, ma paradossale). E ancor di più se pensiamo che questa azienda era tra i fornitori ufficiali di una casa automobilistica. Ma ogni volta che torno su questo tema, resto colpito da quante siano le imprese che sottovalutano l’aspetto del controllo qualità.

Certo, più alto è il livello di precisione richiesto dal settore di riferimento o più una lavorazione è critica (a causa per esempio di un materiale più difficile da lavorare), maggiore in genere è la necessità che i pezzi prodotti siano accompagnati da documentazione che ne certifichi la qualità, ma si tratta comunque di un aspetto che nessuno, secondo me, dovrebbe più sottovalutare, indipendentemente dal fatto che la certificazione venga richiesta esplicitamente o meno.

Qualcuno di recente mi ha chiesto quanto ci vuole a mettere in piedi un reparto per il controllo qualità di buon livello.

Ci vuole tempo, tanto tempo.

Occorrono investimenti importanti, che spesso devono necessariamente essere diluiti nel tempo.

E poi, soprattutto, servono le persone,

che in genere non sono semplici da trovare. E che devono essere formate, perché, per quanto brave ed esperte possano essere, devono comprendere appieno il concetto di qualità che si vuole per la propria azienda (tema tutt’altro che scontato).

Nella sala metrologica di MICROingranaggi abbiamo un proiettore di profili che risale a vent’anni fa; è stata la prima macchina di misura che decisi di prendere. Monta ottiche Nikon e aveva già la fibra ottica, che per l’epoca era qualcosa di molto innovativo perché permetteva, di fatto, di ridurre quasi a zero l’errore umano.
Ricordo bene che lo pagai suppergiù 16 milioni delle vecchie lire (contro i 3 milioni che era il costo medio di un proiettore tradizionale usato, cioè senza fibra ottica e con ottiche di qualità inferiore).
Ebbene quel proiettore di profili è ancora nella nostra sala metrologica e, in un certo senso, è stata la prima di una lunga serie di conferme che gli investimenti destinati al controllo qualità erano la strada giusta.

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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