Le piccole e medie imprese si occupano a sufficienza della propria reputazione?

Ricordo che mio padre, che è stato anche il fondatore di MICROingranaggi, mi diceva sempre:

“Non dimenticare che ci vogliono anni di lavoro impeccabile per ottenere una buona reputazione aziendale e tutta la vita per evitare di perderla in cinque minuti”.

Niente di più vero. Non è così?

Erano gli anni Ottanta e uno dei pochi canali attraverso cui si diffondeva la reputazione delle imprese era il passaparola.
Oggi il mondo del web (cui nessuno, volente o nolente, può esimersi) ha travolto tutto e amplificato fenomeni come questo.
Le aziende di fatto sono obbligate a offrire servizi di customer care digitale al fine di offrire feedback e risposte in tempo reale. Esistono blog – più o meno autorevoli – legati a qualsiasi argomento (anche a quelli più di nicchia). E, soprattutto,

ci sono i social media, che divulgano alla velocità della luce informazioni che, molto spesso, sono solo opinioni o esperienze personali.

Informazioni che finiscono per diventare di dominio pubblico e che vengono il più delle volte prese per vere (a prescindere che lo siano o meno), condizionando l’attività di un’azienda, se non addirittura arrivando a rovinarne la reputazione.

Mi viene in mente, a tal proposito, l’esempio di un caro amico che gestisce un ottimo e avviatissimo ristorante a Milano, sempre al completo (o quasi) anche in settimana. Nonostante ciò, mi racconta che la prima cosa che fa ogni mattina è correre a leggere le recensioni postate su TripAdvisor sul suo locale.
Ecco, in questo caso mi domando se la “paura” di ricevere recensioni negative possa davvero influire in qualche modo su un’attività così florida. E la risposta che mi sono dato è che forse, sul lungo periodo, sì, finendo per rischiare di modificarne l’essenza più profonda e le peculiarità che da sempre l’ avevano contraddistinta, solo nel tentativo di accontentare quella parte di clientela che decide di dare il proprio parere online.

Certo, in alcuni casi conoscere le opinioni altrui sul proprio operato può essere un utile stimolo a fare di meglio, ma non credo sia sempre così. Come nel caso, per esempio, di chi diffondere una personalissima opinione negativa, magari nata da un semplice fraintendimento e non espressa nel modo opportuno. Chi legge online una opinione o una recensione del genere poi si preoccupa di verificare se effettivamente è veritiera? O chi e perché l’ha scritta? Oppure la registra e basta?

Voglio chiudere questo post con una domanda che rivolgo a tutti voi.

Le grandi aziende sicuramente sono molto attente alla loro reputazione, ma che dire di quelle piccole e medie che credo abbiano lo stesso problema? Hanno delle strategie opportune oppure non se ne (pre)occupano affatto?

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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