Le macchine utensili hanno raggiunto il massimo livello di sviluppo dal punto di vista della meccanica?

Oggi non sembrano esserci grandi rivoluzioni meccaniche all’orizzonte. Le vere novità arrivano quasi tutte dal software, dagli azionamenti, dai motori: in sostanza, dal mondo dell’elettronica. Eppure vedo ancora una sfida aperta…

Sento spesso dire che oggi

l’evoluzione di una macchina utensile è trainata principalmente da CNC, software ed elettronica, perché a livello di meccanica avrebbe ormai raggiunto il suo massimo livello di sviluppo. Ma è davvero così?

È abbastanza difficile rispondere a questa domanda, e, non essendo un costruttore di macchine utensili, posso solo dare un parere da utilizzatore. Ripeto: un parere. Che non deve quindi essere preso come verità assoluta.

Se ripenso all’evoluzione delle macchine utensili – quindi dall’introduzione del CNC a oggi – vedo che c’è stato un continuo rincorrersi tra meccanica, utensili ed elettronica. Ogni volta che una macchina raggiungeva determinati livelli di prestazioni, arrivavano utensili capaci di andare oltre, ma che non potevano essere sfruttati appieno a causa dei vincoli imposti dalla macchina stessa. La diretta conseguenza era che venivano sviluppate nuove tecnologie meccaniche per adeguarsi alle potenzialità degli utensili. E, a quel punto, accadeva il contrario: la macchina superava l’utensile, e così via, in un ciclo continuo. Oggi, però, se ci pensiamo bene, non sembrano esserci grandi rivoluzioni meccaniche all’orizzonte. Le vere novità arrivano quasi tutte dal software, dagli azionamenti, dai motori: in sostanza, dal mondo dell’elettronica.

Vorrei però provare a fare un altro ragionamento, ribaltando il punto di vista.

Sono fondamentalmente tre gli obiettivi che una macchina utensile deve cercare di raggiungere: rigidità, velocità e precisione.

Alcune macchine utensili, almeno sulla carta, possono sembrare pressoché identiche, ma, nella pratica, ci sono differenze legate a ciò che ogni costruttore tende a privilegiare: c’è chi punta sulla rigidità, chi sulla velocità, chi sulla precisione. E

raramente queste tre caratteristiche vengono portate avanti insieme in modo equilibrato. È sempre stato difficile – in altre parole – ottenere un equilibrio efficace tra rigidità, velocità e precisione, e ancora oggi, secondo me, resta una partita aperta.

Quindi

credo che la vera sfida stia proprio nel cercare di migliorare contemporaneamente questi tre aspetti.

Con la consapevolezza che, molto probabilmente, non assisteremo più a incrementi drastici in termini, per esempio, di velocità. Ma che, a parità di velocità, si riesca a ottenere una maggiore precisione o una migliore stabilità strutturale.
Certo, è una curva che tende ad appiattirsi, ma non è ancora arrivata a un punto morto, perché

evolvere non vuol dire solo fare qualcosa di nuovo: spesso significa fare meglio quello che già si fa.

Ecco, è questo tipo di progresso – anche se meno spettacolare – la direzione da seguire. Fermo restando che tutto ciò sarà possibile principalmente grazie all’ausilio di software che saranno sempre più affidabili, sempre più precisi, sempre più sofisticati, in grado di ottimizzare al meglio queste caratteristiche, spingendole in avanti il più possibile.

Un altro fronte che, almeno finora, secondo me è stato poco esplorato — ma che potrebbe aprire a sviluppi interessanti — è quello dell’integrazione tra tecnologie additive e sottrattive.

Mi auguro che in futuro si vada nella direzione di macchine capaci di combinare in modo più concreto la stampa 3D con le lavorazioni di ripresa, perché lì potrebbe esserci davvero spazio per innovare.

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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