Come credo la maggior parte di voi già saprà, l’Unione Europea ha stabilito un piano estremamente ambizioso che prevede che tutti gli Stati membri raggiungano emissioni zero entro il 2050. Il che significa che dovranno eliminare o compensare completamente le emissioni di gas serra, trasformando i settori energetico, industriale e dei trasporti e promuovendo pratiche sostenibili in ogni ambito.
Per raggiungere questi obiettivi è stato necessario avviare un percorso articolato su più livelli, che prevede anche l’introduzione di specifici obblighi per le aziende, a partire da quelle di maggiori dimensioni. L’obiettivo è ottenere una mappatura del livello di inquinamento legato ai loro processi produttivi, così da poter implementare una serie di azioni mirate alla sua riduzione.
Questo meccanismo, introdotto per le grandi aziende, prevede che queste operino oltre il loro perimetro produttivo, includendo la catena di fornitura.
Seppur l’introduzione fosse necessaria, fin qui non credo di aver detto qualcosa di nuovo.
La domanda che però mi hanno posto e a cui cercherò di dare una risposta è la seguente:
questo iter, che si concretizza in un percorso le cui linee guida sono contenute nel cosiddetto Bilancio di Sostenibilità, è effettivamente razionale, serio e in grado di garantire risultati concreti?
DIPENDE.
Come per molte altre iniziative, infatti, tutto dipende dalla volontà con cui questo percorso viene intrapreso e dalle risorse che un’azienda decide di (o può) dedicarvi.
Redigere un Bilancio di Sostenibilità non è una semplice formalità: comporta costi, risorse, impegno e una strategia chiara.
Questo perché mappare tutte le voci che costituiscono le attività di una azienda, identificando e quantificando i fattori che contribuiscono all’inquinamento prodotto, è un processo estremamente complesso. Quando parlo di “tutte le voci che costituiscono le attività aziendali”, mi riferisco infatti non solo ai materiali impiegati direttamente nella produzione, ma anche al consumo di risorse energetiche, all’impatto ambientale dei fornitori lungo l’intera filiera produttiva, ai processi logistici legati alla distribuzione, ai trasporti utilizzati per lo spostamento di merci o personale, e persino alle infrastrutture aziendali, come uffici e stabilimenti, che contribuiscono indirettamente all’inquinamento e al consumo di risorse.
In che senso? La sostenibilità va misurata, operazione non semplice, ma sul punto ci sono delle convenzioni generali che propongono l’impronta di carbonio, l’origine e quantità di risorse (privilegiando il riciclo), e via dicendo.
Quindi, affinché il Bilancio di Sostenibilità possa tradursi in risultati concreti, è essenziale che le aziende non lo considerino solo un obbligo normativo o un mero adempimento burocratico fine a se stesso, bensì un’opportunità strategica per analizzare, migliorare e valorizzare il proprio impatto ambientale e sociale.
L’obiettivo, pertanto, non deve limitarsi al semplice ottenimento di un certificato o alla redazione di un bilancio, ma deve consistere nell’acquisire piena consapevolezza e controllo su ciò che sta alla base di quei dati. Solo in questo modo sarà possibile trasformare un adempimento formale in un autentico strumento di cambiamento e miglioramento.
Un Bilancio di Sostenibilità ha lo scopo di responsabilizzare le aziende, le quali, a loro volta, dovrebbero coinvolgere e sensibilizzare il proprio personale sull’importanza di evitare sprechi di risorse e di adottare pratiche che riducano al minimo il consumo di risorse e operino per agevolare il riciclo. Tutto ciò è fondamentale per contribuire a garantire un futuro sostenibile alle prossime generazioni.
Quindi,
il Bilancio di sostenibilità è uno strumento utile? Sì, lo è.
Soprattutto da un punto di vista etico. Un’azienda che possiede un Bilancio di sostenibilità, infatti, dimostra trasparenza e impegno, rendendosi – al tempo stesso – anche più appetibile per realtà più grandi, che saranno più propense a includerla nella propria lista di fornitori.
Ma è anche risolutivo? Secondo me NO.
E non lo è perché, se ridurre le emissioni prodotte dalle imprese manifatturiere fosse sufficiente a risolvere i problemi di inquinamento globale, avremmo già compiuto progressi significativi. La realtà però è ben più complessa: settori come il traffico aereo e marittimo contribuiscono in modo rilevante all’inquinamento globale, con un impatto ambientale certamente superiore a quello di molte attività industriali.
Affrontare il problema richiede quindi un approccio globale, che bilanci gli sforzi tra tutti i settori principali, includendo regolamentazioni più incisive per il traffico aereo e marittimo, in proporzione al loro significativo impatto ambientale, cosa che fino a oggi non è stata fatta a sufficienza a causa di complessità normative, interessi economici contrastanti e una cooperazione internazionale spesso insufficiente.