Io credo che per molto tempo e per parecchie imprese le agevolazioni statali destinate all’evoluzione in chiave 4.0 abbiano finito per diventare un metodo abbastanza assodato per risparmiare parte delle spese legate all’innovazione tecnologica, invece che un incentivo per creare un’industria moderna, aggiornata, la cui attività si basa su una ben precisa raccolta ed elaborazione dei dati.
In altre parole:
Investimenti 4.0 = svecchiamento del parco macchine a un prezzo più conveniente.
E poi “in qualche modo vado a cercarmi un perito che certifichi che i macchinari che ho acquistato rientrino negli standard dell’industria 4.0 per avere gli incentivi”. Compito, peraltro, neanche troppo complesso perché le macchine che si trovano sul mercato oggi rispondono quasi tutte a questi requisiti.
Ma ha senso?
Lo chiedo perché il problema vero dovrebbe essere la struttura dell’azienda. Voglio dire che – com’è risaputo – se un’azienda non ha i macchinari interconnessi, almeno parte di quelle strumentazioni che vengono definite tecnologie abilitanti e un sistema che gestisca il tutto e che si occupi della raccolta e dell’elaborazione dati, allora quelle “macchine 4.0” servono unicamente a produrre più in fretta e forse a una maggiore qualità. Ma nulla di più.
E, per dirla tutta, chi acquista questi macchinari tecnologicamente molto avanzati a prezzi agevolati senza davvero fare il passaggio al 4.0 non avrebbe neppure diritto a quegli incentivi.
Prendiamo il nostro caso, per esempio. MICROingranaggi negli ultimi anni ha usufruito di tutti gli incentivi previsti dal piano Impresa 4.0, ma quello che abbiamo risparmiato nell’acquisto dei macchinari, lo abbiamo reinvestito per creare la struttura 4.0. Non ce lo siamo portati a casa e stop.
Vi faccio però una domanda: una microimpresa di 4 o 5 persone se ne fa davvero qualcosa dell’industria 4.0?
Secondo me
solo se chi c’è a capo ha una mentalità imprenditoriale. Mentalità che non abbiamo tutti.
Oggi il modo in cui vengono erogati gli incentivi è leggermente mutato, forse in parte anche per evitare che venisse a crearsi quella situazione poco corretta.
La base obbligatoria è che gli investimenti siano sempre legati al 4.0, ma, mentre mentre prima lo stato permetteva a tutti di ammortizzare un bene con un’aliquota molto interessante sempre e a prescindere dalla struttura o dall’andamento dell’azienda, oggi vengono supportate le imprese più virtuose, quelle che hanno una certa redditività. Quelle, quindi, che in un certo senso vengono amministrate bene.