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Interessante soluzione per gestire una società neo acquisita

Può accadere che, quando un'azienda ne acquisisce un'altra, col passare del tempo, il livello del lavoro svolto dalla neoacquisita diminuisca sensibilmente a causa di un fisiologico e non contrastato 'impigrimento'. Quali sono i possibili rimedi?

Il famoso economista Peter Drucker una volta disse che “dietro ogni impresa di successo c’è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa”. Non potrei essere più d’accordo e a questo proposito vorrei raccontarvi un aneddoto.
Tempo fa siamo stati contattati da un’azienda estera (della quale preferisco non fare il nome) che ci ha chiesto informazioni relative a una eventuale significativa commessa di componenti meccaniche per uno specifico progetto in corso. E fino a qui nulla di nuovo, la stranezza è un’altra.
Quella stessa azienda poco tempo prima aveva acquisito una società specializzata, come MICROingranaggi, in componentistica meccanica di precisione. Perché mai, quindi, avrebbe dovuto rivolgersi a noi quando aveva già al proprio interno una realtà molto simile alla nostra?

La risposta alla mia domanda va ricercata in una situazione che ho visto verificarsi diverse volte. Capita spesso infatti che quando un’azienda (generalmente di grandi dimensioni) si trova a dover dare a un’altra impresa una molte commesse, finisce per avere più convenienza ad acquisirla e quindi lo fa. Sull’altro fronte chi viene comprato può trarne ugualmente dei vantaggi legati al fatto di avere lavoro costante.
A volte, però, capita che,

passato un po’ di tempo dall’acquisizione, il livello del lavoro svolto dall’azienda acquisita cali nettamente a causa di un fisiologico e non contrastato ‘impigrimento’.

Status che, com’è facile immaginare, altro non fa che mettere in difficoltà la società madre.
Questo è esattamente quello che è accaduto alla azienda estera di cui ho parlato poco fa, la quale ci ha contattati perché ha visto in MICROingranaggi un possibile risolutore del problema.

Situazioni come quella che ho appena descritto sono spesso difficili da gestire e a volte portano a un punto di non ritorno. Cosa fare allora? Come evitare che ciò accada?

Una soluzione a mio avviso molto interessante l’ha trovata il titolare di un’azienda italiana specializzata nella produzione di macchine a controllo numerico (di cui nemmeno questa volta farò il nome), che a un certo punto si è trovata ad acquisire uno storico fornitore.
Ma dove sta la diversità? Sta nel fatto che, proprio

per evitare che la società neo acquisita si adagiasse e che, di conseguenza, abbassasse il livello della produzione, l’azienda madre ha stabilito una condizione alla base dell’accordo stipulato: la neo acquisita avrebbe dovuto lavorare per altri clienti per almeno il 40% del suo fatturato.

Questo perché? Perché nel momento in cui quasi la metà degli introiti devono necessariamente derivare da clienti esterni, l’azienda in questione deve necessariamente restare competitiva.

Se anche altri comprano i suoi prodotti, infatti, vuol dire che l’ufficio tecnico funziona ed è all’avanguardia, l’ufficio acquisti è in grado di ottenere prezzi buoni, l’ufficio sales and marketing è capace di promuovere e vendere e così via.

Il ragionamento dell’azienda è stato perciò questo: se comprano gli altri, compro anche io, ma se gli altri non comprano più, non vai più bene neanche per me.

Una soluzione semplice, ma a mio avviso estremamente lungimirante ed efficace. Siete d’accordo? Cosa ne pensate?

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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