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Il fastidioso vizio dell’“Io ti devo trovare quando ho bisogno”

Più e più volte abbiamo scritto, anche in questo blog, che stiamo vivendo l’era del “tutto e subito”. Una dinamica che non riguarda solo la generazione dei Millennial, ma un po’ tutti quanti (chi più, chi meno): ci siamo abituati, in buona sostanza, a volere soluzioni ai nostri problemi e risposte ai nostri bisogni nell’immediato. Soluzioni che, ovviamente, funzionino alla perfezione e costino poco. E questo vale un po’ per tutti i settori di riferimento.

Il fatto è che quando diciamo “tutto e subito” in realtà sottintendiamo anche “tutti e subito”.

Mi spiego meglio. Avete fatto caso, per fare solo un esempio, a come sono aumentati esponenzialmente i biglietti da visita che riportano il numero di cellulare, oltre che di quello fisso? Ma perché questo accade?
Gli smartphone sono più diffusi rispetto a un tempo, questo è indubbio. Le tariffe sono più basse e il lavoro in mobilità è più frequente. Tutto assolutamente indiscutibile, ma – secondo me – la ragione di fondo è un’altra.

La nostra era lavorativa ci sta piano piano portando ad assecondare sempre di più la logica dell’“Io ti devo trovare quando ho bisogno”.

Non importa se interrompo quello che stai facendo, indipendentemente dalla tua mansione o dalla carica che occupi. Non importa se la tua giornata lavorativa è finita da un pezzo. E non importa neppure se sei impegnato/a con altre persone. Se ho bisogno di parlare con te, devo poterti raggiungere subito.
E, se da una parte c’è chi “ci deve trovare immediatamente quando ha bisogno”, dall’altra noi sentiamo la pressione di “doverci far trovare subito quando qualcuno ha bisogno”.

Sbaglio?

Si tratta di una dinamica che, onestamente, trovo un po’ pericolosa, oltre che naturalmente poco rispettosa.
Non discuto sul fatto che le nuove tecnologie diano possibilità preziose, che, anche solo qualche anno fa, non potevamo neppure immaginare. Dico però che i tempi e gli spazi degli altri dovrebbero essere rispettati maggiormente di quanto viene fatto. E questo vale sia per quelli inerenti l’attività lavorativa che quelli che invece decidiamo di dedicare a noi stessi.

E, su quest’ultimo tema, aggiungo che se non abbiamo la capacità di separare la vita lavorativa da quella personale, rischiamo di arrivare a un punto di non ritorno. Anche perché spesso e volentieri siamo sottoposti a livelli di stress decisamente alti e tali per cui organizzare bene il tempo e “staccare la spina” quando è necessario è molto importante.

Un minimo di flessibilità ci vuole, questo è indubbio, ma poi è necessario mettere dei paletti ben precisi. Paletti che, ovviamente, poi dovremo essere in grado di rispettare e far rispettare.

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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