I fondi di investimento sono “l’unica salvezza possibile” per le pmi italiane?

Possono rappresentare una via d’uscita per molte realtà, o una nuova fase di sviluppo. Ma non sono per tutti. NON sono per MICROingranaggi, per esempio. Perché affidarsi a un fondo significa, in qualche modo, snaturare l’identità stessa dell’impresa, modificarne le dinamiche, i tempi, le priorità. In ogni caso il tema è complesso e non si può generalizzare…

Avevamo un cliente che, quando il titolare ha deciso di lasciare l’azienda, è stato rilevato da un fondo. E quindi?, verrebbe da chiedersi. E quindi niente, in apparenza. Ma per chi guida un’azienda con oltre cinquant’anni di storia alle spalle come MICROingranaggi, casi come questo fanno riflettere. Anche perché – ormai è chiaro a tutti – è una dinamica che si vede sempre più spesso, soprattutto in Italia.
Parentesi importante, prima di continuare. Tocchiamo questo argomento perché lo riteniamo molto attuale, ma NON è un tema che interessa direttamente MICROingranaggi, che – teniamo a sottolineare – è serena nella sua gestione.

C’è una narrazione, in particolare, che ci sembra sia sempre più frequente, quella secondo cui

i fondi di investimento sarebbero “l’unica salvezza possibile” per il tessuto industriale italiano, fatto perlopiù di micro e piccole imprese incapaci – si dice – di reggere l’urto del mondo di oggi. Ma è davvero così?

A caldo verrebbe da dire che l’acquisizione da parte di un fondo può senz’altro rappresentare una via d’uscita, o una nuova fase di sviluppo per l’azienda in questione. Ma – secondo noi – non è una strada che va bene per tutti. Perché affidarsi a un fondo significa, in qualche modo, snaturare l’identità stessa dell’impresa, modificarne le dinamiche, i tempi, le priorità.

Si tratta di un tema complesso, e come spesso accade, non si può generalizzare.

Ma proviamo a fare un ragionamento.

Un fondo, per sua natura, è una realtà finanziaria. Non è fatto per gestire operativamente un’azienda, e infatti non lo fa. Quello che succede, di solito, è che quando acquisisce l’azienda, poi va a cercare un manager da mettere alla guida. Lo trova in un database, tramite passaparola, oppure si affida a qualche società specializzata.
Il problema però è che – alcune volte – queste figure non sono all’altezza del titolare uscente. Magari perché conoscono poco il settore in cui l’azienda opera. O perché hanno un contratto temporaneo, che, per sua natura, pone dei limiti. O anche perché – va detto – in questo mondo c’è anche chi si vende bene, ma poi fatica a portare risultati concreti.

Ma, secondo noi,

la questione centrale è un’altra. Ed è quella legata agli obiettivi.

Prendiamo un’azienda come MICROingranaggi, per esempio. Una realtà come la nostra non è orientata a massimizzare gli utili nel breve termine. È un’impresa familiare, costruita su una visione di lungo periodo, su un’idea di stabilità e miglioramento continuo. Magari, a volte, dà meno importanza di quella che forse dovrebbe a numeri come l’ebitda o al margine di utile,

ma l’idea di fondo è chiara: investire, crescere, migliorare.

Un fondo, invece, ha un’altra logica. È portato a guardare prima di tutto i numeri. Bilanci, in primis.

E questo può andare bene, certo. Ma in molte situazioni, questa impostazione può diventare un limite. Soprattutto nei casi in cui l’azienda acquisita era fortemente legata al titolare, alla sua visione, al suo modo di fare impresa.
Ci sono addirittura casi in cui, senza quella figura, l’azienda si svuota. E a quel punto, i numeri non bastano più.

Poi, naturalmente,

ci sono tanti casi in cui l’ingresso di un fondo rappresenta la soluzione migliore.

Tutto dipende da come è impostata, gestita e strutturata l’azienda.
Ci è capitato, per esempio, di vedere realtà in cui il titolare aveva da tempo perso il controllo della situazione: rapporti deteriorati con i dipendenti, assenteismo, incapacità di creare un team solido, frustrazione crescente, nessun successore a cui lasciare tutto. In casi del genere, la situazione diventa quasi tossica. E quando si presenta l’opportunità di vendere a un fondo, conviene non lasciarsela sfuggire.

Ci sono alternative ai fondi di investimento? A noi piace pensare di sì.

Magari quella di vendere la società a un cliente, o a un concorrente. Oppure, indipendentemente dal fatto che l’azienda sia o meno familiare e con eredi, si può scegliere di inserire un amministratore delegato esterno, capace di guidare la transizione e passare alla fase successiva.

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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