Finalmente si può parlare non solo di ripresa economica, ma anche di imprese che hanno ricominciato a investire, e su questo siamo tutti più o meno d’accordo. Ora, siccome la tecnologia si sta evolvendo sempre più, non sono poche le realtà che, oltre a investire in strumenti per migliorare la propria produzione, lo fanno anche per ingrandire i propri uffici interni di ricerca e sviluppo con l’obiettivo di tornare a innovare a loro volta e immettere sul mercato prodotti più appetibili in questo specifico momento economico per essere più competitive. Ed è proprio di investimenti in R&D che oggi vorrei parlare, perché la domanda che mi pongo e a cui vorrei rispondere in questo post è forse un po’ in controtendenza con quello che è il pensiero più diffuso ultimamente.
Quale senso ha investire per potenziare oggi il reparto R&D della propria azienda?
In un post di alcuni anni fa scrivevo che il vero cuore della rete imprenditoriale italiana è costituito da una moltitudine di piccole e medie imprese che, in buona parte, continuano a mantenere reparti di progettazione interni, nonostante in alcuni casi siano pressoché inattivi.
Da quel post sono passati suppergiù quattro anni e, oggi come allora, penso che dovrebbe essere valutato con molta attenzione se mantenere o meno un ufficio tecnico interno. Voglio dire: se un’azienda sforna progetti in continuo, allora non solo ha senso mantenerlo, ma ne ha anche – se necessario – appoggiarsi a entità esterne per avere un supporto. Mi chiedo però quale potrebbe essere l’utilità di avere un reparto R&D interno se poi non vengono mai lanciati prodotti nuovi. Uno dei compiti importanti dell’ufficio tecnico è anche quello di di migliorare e ottimizzare i prodotti esistenti (adeguamento, materiali nuovi, normative…), questo è vero. Ma resta comunque il fatto che ogni tanto qualche prodotto nuovo dovrebbe essere realizzato per giustificarne l’esistenza. Sbaglio?
Ma tornando al discorso principale del post:
oggi buona parte delle imprese italiane è concorde nell’affermare che è un buon momento per investire nel proprio R&D per creare prodotti nuovi, ottimizzare quelli esistenti ed essere più competitivi sul mercato.
Apparentemente questa strategia non fa una piega. Il problema, secondo me, è che c’è un ragionamento di partenza sbagliato. Lo stesso identico discorso erroneo che spesso si sente fare a proposito della pubblicità, ovvero: “La pubblicità la faccio quando ho i soldi; quando non li ho, taglio quel costo perché ne posso fare a meno”. Ma quale senso ha??, mi domando.
Lo sforzo di coltivare e cercare di far crescere il proprio reparto ricerca e sviluppo si dovrebbe fare maggiormente nei periodi in cui le cose vanno male, non quando vanno bene. Se si fa una cosa quando la fanno tutti gli altri dove sta il vantaggio competitivo?
Paradossalmente è proprio quando le cose vanno bene che l’R&D potrebbe permettersi di rallentare (ovviamente parlo per assurdo, anche nel momento in cui le cose vanno bene l’R&D dovrebbe continuare a lavorare), mentre quando vanno male, dovrebbe lavorare più assiduamente per migliorare i propri prodotti per renderli più appetibili e competitivi, per crearne di nuovi. Non siete d’accordo?
Prima ho fatto l’esempio della pubblicità, ma forse quello più calzante e che ci tocca da vicino è legato agli investimenti nelle nuove tecnologie, dove il ragionamento di base è analogo. L’investimento forse più impegnativo da un punto di vista economico e meno produttivo della storia di MICROingranaggi – mi riferisco all’evolventimetro – lo abbiamo fatto proprio nel 2009, quindi nel pieno della crisi economica. Ricordo che all’epoca la mia scelta era in assoluta controtendenza con quella generale. Ma quale momento migliore di quello? Le condizioni economiche erano molto favorevoli, il tempo per la formazione c’era (perché di ordini ne arrivavano meno) e prima o poi il mercato si sarebbe ripreso (cicli e ricicli economici) e a quel punto saremmo stati pronti per ripartire con qualcosa in più da offrire.