Categorie
Dal settore Idee Punti di vista

Come dovremmo porci nei confronti dell’economia cinese?

Quattro anni fa in un post dedicato al mercato cinese scrivevo che negli ultimi trent’anni la Repubblica Popolare Cinese da arretrata economia agricola quale era si è trasformata in una potenza economica mondiale, diventando non solo l’esportatore più grande al mondo insieme agli Stati Uniti, ma anche il secondo importatore (dopo gli USA).
Da allora la Cina ha continuato a crescere, raggiungendo un indice di innovazione globale altissimo. Tra il 2015 e il 2017, per fare un esempio, ha speso 24 miliardi di dollari in più rispetto agli Stati Uniti solo per la tecnologia 5G. Una cifra esorbitante, soprattutto se pensiamo che nessun altro paese al mondo ha questa capacità di spesa, e che la Cina è stata in grado di portare avanti tali investimenti in maniera continuativa, nonché in crescita nel tempo.

Dopo l’ingresso prorompente dell’economia cinese nelle nostre economie (penso, per esempio, all’acquisizione del produttore di robot Kuka da parte di Midea, colosso cinese degli elettrodomestici), molti paesi hanno sentito l’esigenza di correre ai ripari introducendo misure finalizzate ad arginare questa potenza economica. Alla fine dello scorso anno, per esempio, la Germania ha introdotto una legge che renderà più difficili le acquisizioni delle proprie aziende strategiche da parte di società extra-europee. Altri paesi, come gli Stati Uniti, il Canada, la Francia e la stessa Italia, hanno rafforzato i meccanismi di controllo su queste operazioni nel timore che, oltre alla cessione di asset strategici, vi sia anche un trasferimento di tecnologie e know-how sensibili.

Quello che vi domando quindi è:

come pensate ci si debba porre nei confronti di una potenza economica mastodontica come la Cina di oggi?

Io mi sono posto la stessa domanda e ho cercato di dare qualche risposta.
Prima di tutto è fondamentale considerare che

la Cina non è un’opzione tra le tante, bensì un mercato ineludibile. E lo è ormai da molto molto tempo.

Le misure ideate e attuate per arginarne la potenza (come quelle che ho citato in questo post o come i ben noti dazi americani) temo stiamo arrivando un po’ troppo tardi.
Voglio dire che ormai la Repubblica Popolare Cinese ha in mano un potere economico mondiale, tale per cui l’introduzione di misure volte in qualche modo a cercare di arginarlo è un po’ come voler fermare poche gocce quando quello che sta arrivando è un fiume in piena.

Tanto vale quindi firmare accordi come il recente memorandum sulla Nuova via della seta siglato dall’Italia? Forse. Ammesso, però, che possa servire a qualcosa. Perché ribadisco che, a parer mio, azioni del genere dovevano essere pensate e messe in pratica molto tempo fa. Oggi temo non siano più sufficienti.

Va però fatto un altro discorso.

La mia percezione è che la mentalità generale del popolo cinese stia cambiando,
acquisendo una sempre maggiore consapevolezza del fatto che non deve più pensare solo ed esclusivamente a crescere e quindi a produrre indiscriminatamente a discapito di tutto e tutti per poi vendere su scala mondiale, ma deve pensare maggiormente ai propri cittadini, alla loro salute e al loro stile di vita.

I cinesi oggi viaggiano molto più di un tempo, vengono a studiare in occidente, entrano nelle nostre fabbriche, e hanno, di conseguenza, sempre più occasioni di toccare con mano cosa avviene al di fuori dei confini cinesi e quella che è la nostra cultura. Pensiamo, per esempio, al tema della salute e della sicurezza sul lavoro. Un ambito che ci ha imposto e ci impone limiti ben precisi, che hanno conseguenze su fattori come la velocità di produzione e il costo dei nostri prodotti.

La mia impressione è che sono (e saranno sempre di più) i cinesi stessi a, non dico crearsi dei veri e propri blocchi, ma quantomeno a introdurre regole legate a temi come salute e sicurezza. Se non altro perché sempre di più sono anche le imprese occidentali che hanno piani etici ben precisi che devono essere rispettati tassativamente anche dai fornitori (inclusi quelli orientali).

Ed è proprio questo cambio di mentalità che porterà la Cina a tornare a condividere con l’occidente qualche regola del gioco in più?

Voi cosa ne pensate?

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *