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Brexit e industria meccanica italiana: quali scenari?

Brexit ha vinto e – più o meno presto – l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea diventerà effettiva. Economisti, associazioni, centri studi stanno delineando quelli che potrebbero essere gli scenari futuri, mentre molti di noi, me compreso, si stanno domandando quali effettivamente potrebbero essere le ripercussioni sull’industria meccanica italiana.
Alcuni economisti sostengono che la sterlina debole potrebbe invertire – a livello di competitività – il rapporto che c’era tra Italia e UK ai tempi della lira, soprattutto per alcuni settori fra cui quello della meccanica. Secondo Confindustria (www.confindustria.it) Brexit potrebbe provocare un rallentamento della domanda globale, che di conseguenza rallenterebbe anche le esportazioni italiane.
Come il più delle volte accade, si sente di tutto un po’, ma la verità secondo me è che è ancora troppo presto per fare previsioni e soprattutto è ancora troppo presto affinché tali previsioni siano davvero attendibili.

Detto questo, vien da sé che, da che mondo è mondo,

negli scambi commerciali fra Paesi quello che conta sono i costi.

Il settore della meccanica italiana ha da sempre la fama di avere un livello qualitativo alto e certamente il Regno Unito ne ha la consapevolezza, oltre che una probabile necessità di importare. Ma tutto ciò – a causa delle probabili fluttuazioni della moneta – potrebbe non bastare: se la sterlina dovesse effettivamente svalutarsi così tanto come dicono buona parte delle previsioni, allora per il Regno Unito potrebbe essere davvero molto costoso comprare in euro e potrebbe diventare molto più conveniente acquistare in dollari e quindi dagli Stati Uniti.

Poi c’è da fare un’altra considerazione legata soprattutto al segmento della componentistica meccanica che ci tocca direttamente. Il mercato britannico, pur essendo molto grande, è abbastanza limitato per quanto riguarda questo preciso ambito. Da alcuni decenni ormai, infatti, il Regno Unito ha deciso di puntare e quindi investire sul settore terziario (e in particolare sui servizi finanziari) piuttosto che su quello manifatturiero. Di conseguenza – al di là di qualche eccezione soprattutto nei settori automotive e avionico – non sono molte le aziende britanniche che producono e che di conseguenza hanno la necessità di acquistare componentistica meccanica per poter realizzare il prodotto finito.

Quel che è certo è che nel momento in cui Regno Unito sarà effettivamente fuori dall’Unione europea ci saranno delle complicazioni di carattere burocratico (mi riferisco per esempio alla preparazione della documentazione) e questo potrebbe comportare un significativo incremento dei costi (indipendentemente dal valore della moneta) e dei tempi. A fronte di un aumento di tempi e costi, potrebbe essere che a risentirne sia solo quella parte di mercato in cui il valore aggiunto del prodotto è molto basso e quindi anche un piccolissimo delta potrebbe far sì che diventi antieconomico importare. Al contrario, là dove invece il valore aggiunto è abbastanza alto (come mi auspico potrebbe essere per esempio il segmento della componentistica meccanica), per il Regno Unito potrebbe valere ugualmente la pena acquistare, nonostante un più o meno significativo aumento dei costi.

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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