La prima impressione è quella che conta?

Le idee le cambia chi le ha, diceva qualcuno. E imparare a guardare le cose da prospettive diverse apre a nuove riflessioni e punti di vista a cui magari non avevamo pensato e che, a volte, possono stravolgere anche completamente le opinioni che ci eravamo fatti (nel bene e nel male).

Non sono mai riuscito a comprendere chi votava per un partito all’età di vent’anni e oggi, all’età di 80 (quindi ben 60 anni dopo), continua ad avere la stessa identica ideologia politica di allora, nonostante tutto intorno sia cambiato.
Non fraintendetemi. Non voglio parlare di politica, né, tantomeno, dichiarare la mia posizione.
Sono partito da questo esempio, ma il discorso che voglio fare è più ampio. Vorrei capire, insieme a voi, fino a che punto conta una prima impressione.

Io sono dell’idea che

una stessa cosa, qualunque essa sia (un’opinione, un’idea, un progetto e via dicendo) dovrebbe essere sempre guardata da prospettive diverse così da metterla in discussione se necessario.

E questo, non a caso, è anche uno degli obblighi di chi, come me, fa il progettista meccanico. Pensate al numero 6 scritto su un foglio appoggiato su un tavolo (esempio classico che piace tanto a noi tecnici). Chi è seduto da un lato di quel tavolo legge effettivamente il numero 6, ma chi è seduto dal lato opposto? Leggerà 9 e avrà ugualmente ragione.

Se ben ci riflettiamo, infatti, imparare guardare una stessa cosa da prospettive diverse apre a nuove riflessioni e punti di vista a cui magari non avevamo pensato e che, a volte, possono stravolgere anche completamente le opinioni che ci eravamo fatti (nel bene e nel male).

Quindi, per quel che mi riguarda, la prima impressione non sempre è quella che conta, ma solo se parliamo di un’opinione.
Ben diverso è infatti il discorso sull’idea che possiamo farci di una persona a un primo incontro.

Per quella che è la mia esperienza personale, i primi cinque minuti di comunicazione sono fondamentali per farsi un’idea abbastanza chiara sulla persona che abbiamo di fronte e che, fino ad allora, era sconosciuta. Cinque minuti, non di più. Soprattutto quando l’impressione che ne ricavo è negativa.
Pensate che sia esagerato? Forse. Ma vi assicuro che la mia esperienza di vita e di lavoro mi ha portato a diventare da un lato più intollerante verso i comportamenti scorretti, ma – dall’altro – anche a essere più riflessivo e attento a cogliere piccoli aspetti particolarmente indicativi. Aspetti che poi, nel loro insieme, contribuiscono a creare un’immagine ben precisa di una persona.

E badate che non do mai peso alla forma, all’immagine di per se stessa. Certo, un minimo di senso logico deve esserci, ma sono altri gli aspetti che guardo in una persona.
Se, per esempio, devo fare un colloquio a qualcuno per un posto di direttore vendite e la persona che ho di fronte si presenta trasandata e vestita in malo modo… ecco, forse mi viene un po’ difficile pensare che possa rappresentare bene la mia azienda, che possa esserne l’immagine. Per senso logico intendo questo.
Ma per tutto il resto

non sono solito dare peso all’aspetto esteriore.
Ciò che invece guardo è cosa uno dice e come lo dice. Ed è proprio quello che in genere contribuisce a crearne un profilo ben preciso, sin dai primi minuti di comunicazione.

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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