Categorie
Dal settore Punti di vista

Cosa pensate della rete di imprese? Vi spiego il mio punto di vista

Rete di imprese, sistema di imprese, squadra di imprese. Ovvero

quel gruppo di aziende che – pur restando indipendenti – si mettono insieme con l’obiettivo di portare avanti progetti comuni o di essere più competitive all’estero.

Se ne sente parlare spesso, ancora da prima dei tempi della crisi. Quello che mi domando e che chiedo a voi è: può davvero funzionare un sistema come questo in Italia?

A livello concettuale direi proprio di sì. Il tessuto industriale del nostro Paese è costituito principalmente da imprese medio-piccole e spesso questo rappresenta un problema, soprattutto se si ha a che fare con clienti esteri che non vedono di buon occhio realtà di dimensioni ridotte perché spesso non sono in grado di dare garanzie assolute (a partire dalle tempistiche di consegna). Questo certamente non accade per incapacità professionale, quanto piuttosto per ragioni dovute proprio alle dimensioni strutturali: può capitare, per esempio, che un fermo macchina possa bloccare una intera linea di produzione, senza che l’azienda in questione abbia la concreta possibilità di spostare tale linea su un altro macchinario (e si sa bene che avere una sola macchina per tipologia in officina è un rischio).

A livello pratico, invece, ho qualche perplessità. Mi spiego meglio.
Mi pare tangibile e interessante l’opzione di rete di imprese nell’ottica di una suddivisione dei costi. Un’azienda di grandi dimensioni sulla carta ha spese di gestione che, in proporzione, sono più basse di quelle di un’impresa piccola. MICROingranaggi, per esempio, è una realtà piccola (poco più di trenta persone) e al nostro interno ci sono tutte le figure professionali: commerciale estero, commerciale Italia, ufficio amministrativo, magazzinieri eccetera… Se fossimo un’azienda di 100 persone, non avremmo certamente il triplo del personale.
Ecco perché, in casi come questi, una rete di imprese potrebbe offrire benefici reali e tangibili come la condivisione di alcune figure professionali o divisioni industriali (per esempio quella amministrativa o quella commerciale), e di conseguenza dei costi.

Le mie perplessità invece sorgono sostanzialmente da due fattori che in parte sono correlati. Da un lato noto che tra le imprese italiane c’è un livello molto alto di competitività, che – già di per sé – si concilia poco con il concetto di ‘fare rete’. Dall’altro lato l’italiano storicamente non ha la fama di essere particolarmente onesto e trasparente. Non posso ovviamente generalizzare, ma è un dato di fatto: l’italiano medio cerca spesso di prevaricare il prossimo e un sistema come quello della rete di imprese, per poter funzionare, deve necessariamente essere gestito in maniera trasparente e onesta.
La coesistenza di questi due elementi – alto livello di competitività e atteggiamento generale poco trasparente – mi porta ad avere un po’ di diffidenza sull’efficacia effettiva di questo metodo e sul fatto che possa davvero funzionare.

Vi faccio un esempio pratico. In Francia c’è un ente che si chiama ctdec (Centro tecnico décolletage) e che di fatto è un consorzio che fa da polo per gli acquisti e le vendite: il cliente ha bisogno di un prodotto specifico, manda il disegno al consorzio, il quale poi si occupa di smistare la domanda alle imprese consorziate sulla base di parametri come tipologia di lavoro, disponibilità delle macchine, costi, eccetera…
Una rete di imprese a tutti gli effetti, quindi, che in Francia funziona molto bene.
In un sistema analogo italiano – e qui la mia perplessità – ci sarebbe sempre il dubbio che la commessa in questione possa essere dirottata al fornitore del consorzio che magari ha pagato una “mazzetta” all’incaricato dello smistamento. Non voglio essere polemico, ma questo purtroppo nel nostro Paese accade.

Tornando al concetto di rete di imprese, penso che un aiuto fondamentale dovrebbe arrivare dalle associazioni di categoria, che hanno (o – in alcuni casi – dovrebbero avere) il compito di incoraggiare e facilitare le occasioni di incontro e interazione tra i vari soggetti, incentivare le collaborazioni, semplificare l’individuazione di progetti comuni e le procedure burocratiche, supportare e agevolare la ricerca di fonti di finanziamento e, perché no, magari anche di supervisionare.

Giro quindi a voi la domanda: cosa pensate della rete di imprese?

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *