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Auto senza conducente: vi sembra davvero possibile?

Quello delle auto senza conducente è un argomento estremamente affascinante soprattutto per chi, come me, è appassionato sia di automobili che di tecnologia. Senza contare che temi come questo aiutano a farsi un’idea di quelle che possono essere le potenzialità future di tutto ciò che è tecnologia unita ai big data.

Auto senza conducente vuol dire di fatto affidare la propria vita a un sistema basato su un algoritmo che, utilizzando dati aggiornati in tempo reale, ha un controllo totale dell’automobile.

Un concetto che fa certamente riflettere (e che spaventa anche un po’) eppure Google sta già testando da parecchio tempo per le strade di Mountain View la sua Google Car, e lo stesso sta facendo Apple con la sua iCar. E poi, naturalmente, ci sono la gran parte delle case automobilistiche europee e americane – Audi, BMW, Renault, General Motors, Mercedes, Tesla, Nissan – che prevedono di mettere in vendita veicoli guidati in qualche modo autonomamente già entro il 2020. A queste si aggiungono quelle cinesi, di cui magari si sente parlare meno, ma il cui potenziale di produzione e diffusione è notevole, in primis per il maggiore sostegno che ricevono da parte del Governo.
Sono in parecchi a investire in questa direzione (a partire da Obama che ha stanziato 4 miliardi di dollari in 10 anni), perciò le potenzialità paiono essere davvero molte.

Se penso alla diffusione di veicoli senza conducente, mi vengono in mente sostanzialmente tre scenari: uno che, per il momento, mi appare ancora poco verosimile e che comunque diventerà realtà poco per volta, e due più probabili.
Partiamo dall’auto che si guida da sola, la Google car completamente autonoma dell’immaginario comune, pensata principalmente per essere utilizzata all’interno delle città con l’obiettivo di migliorarne drasticamente la mobilità. Questa prima opzione mi lascia molte perplessità: ci sono sufficienti sistemi per la sicurezza? Sono diversi i dispositivi come sensori e telecamere installati, è vero, ma se si guastano? Senza contare il discorso degli hacker che potrebbero violare il sistema Google.
Con queste premesse mi sembra poco verosimile che si possa raggiungere una sicurezza totale e assoluta. Diciamo che – come avviene oggi con internet – potrebbe funzionare solo con una corsa continua alla sicurezza: si sviluppa la tecnologia, l’hacker di turno la viola, tale tecnologia viene implementata e così via… Ma forse è proprio questo che mi lascia perplesso.

Senza contare, inoltre, che si porrebbero delle questioni giuridiche non indifferenti. Mi riferisco per esempio all’incidente o all’investimento causato dall’auto senza conducente. Di chi è la colpa? Della casa costruttrice dell’auto? O del sistema di bordo, come ha recentemente dichiarato la National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA), l’agenzia federale che si occupa di normative e sicurezza delle strade americane? O, ancora, di chi doveva controllare e prevenire eventuali attacchi informatici?
E poi, diciamocelo, per molti – me compreso – l’auto è una passione e guidare ne fa parte. Non so in quanti effettivamente comprerebbero un’auto che si guida da sola, al solo scopo di permetterti di fare altro nel frattempo. Mi sembra una teoria più verosimile per altre tipologie di mezzi.

E qui passo al secondo scenario, ovvero il trasporto pubblico. Soprattutto per quanto riguarda i mezzi che si muovono su rotaia e dove ci sono meno problemi da un punto di vista di sicurezza: ci sono già quasi ovunque treni senza conducente. Ambiti per altro dove, a mio avviso, la supervisione umana ci sarà comunque sempre.

Terzo scenario che vedo è infine quello in cui la tecnologia diventa un supporto al guidatore – che resta comunque un essere umano – per i momenti in cui la guida, diventando più faticosa, rischia di essere più pericolosa e di provocare incidenti. Quindi tecnologia e big data come ausilio alla sicurezza: l’autista c’è, ma è aiutato da strumenti, come per esempio i sensori che si accorgono e segnalano se sta abbassando le palpebre (prevenendo così colpi di sonno), o dispositivi che segnalano un cambio di corsia improvviso senza la freccia (per far fronte a distrazioni), o, ancora, sistemi che impediscano il superamento di determinati limiti di velocità, che cambiano ogni volta in rapporto alla zona che si sta attraversando (per esempio in concomitanza con un cantiere in autostrada).

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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