Stampa 3D e prototipazione rapida nella produzione di ingranaggi

Oggi vorrei iniziare a parlare di stampa 3D, un argomento immenso, che difficilmente può essere ‘liquidato’ in poche righe di testo e su cui, pertanto, torneremo nei prossimi post. Un tema all’ordine del giorno, che inevitabilmente incontra, si scontra, si accosta e ambisce a diventare parte integrante dell’industria manifatturiera contemporanea.
Molti dicono che la stampa 3D sia il futuro, ma è impossibile prevederne l’impatto a lungo termine sul mondo in generale e, più nello specifico, a livello industriale. Sicuramente, passata la ‘moda’ del momento, verrà a delinearsi un panorama più chiaro e sono certo del fatto che questo ambito troverà degli spazi ben definiti. Nutro però qualche perplessità in merito a una sua diffusione in ambito industriale, quantomeno così massiccia come sembrerebbe prospettarsi ora.

La domanda che mi sono posto e che vorrei girare a voi è infatti questa. È vero che la stampa 3D può essere considerata una risorsa dalle immense potenzialità anche per chi, come noi, opera nell’ambito della meccanica e micromeccanica di precisione?
Prima di rispondere però penso sia doveroso e necessario fare un passo indietro per capire cosa realmente fa parte del mondo della stampa 3D e cosa invece tende ad associare l’immaginario comune al termine ‘stampa 3D’.

Tecnologie per la stampa 3D nel vero senso del termine esistono da almeno vent’anni e vanno ben oltre il significato comune che viene loro attribuito oggi. Le metodologie che in MICROingranaggi oggi usiamo per la prototipazione rapida rientrano ampiamente nell’ambito della stampa 3D. Mi riferisco ad esempio alla stereolitografia (SLA), vale a dire quel procedimento durante il quale una resina di plastica liquida viene indurita selettivamente tramite l’esposizione a una luce ad alta intesità, spesso prodotta da laser. Un altro esempio può essere la sinterizzazione laser selettiva (SLS), ovvero quella tecnologia che utilizza un laser molto potente e particelle fuse di polvere molto sottile di plastica (per esempio il nylon) e che non si discosta molto dalla sinterizzazione laser diretta di metalli (DMSL), che invece usa il laser per fondere direttamente polveri metalliche (come per esempio il titanio).

Oggi il termine ‘stampa 3D’ viene utilizzato prevalentemente in riferimento a tutte quelle metodologie di produzione additiva, che consistono cioè nella creazione di oggetti unendo strati di materiale. La tecnologia più comune ed economicamente più accessibile oggi è la MPD (fabbricazione a filamenti fusi), che consiste nello spingere un filamento di plastica solida (o di altri materiali che lentamente, ma neanche troppo si stanno diffondendo) in un estrusore riscaldato da cui poi colerà il materiale fuso in strati che poi andrà a comporre l’oggetto.

Fatta questa premessa, riformulo la domanda: possono le tecnologie per la stampa 3D (intese come stampanti che utilizzano il metodo della produzione additiva) essere considerate una risorsa dalle immense potenzialità anche per chi, come noi, opera nell’ambito della meccanica e micromeccanica di precisione?

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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2 risposte

  1. Salve.
    sicuramente la stampa 3d non la vedo bene come produzione di serie, ma sulla prototipazione ha un enorme potenziale, anzi mi stupisce la poca diffusione/applicazione nel settore prototipi, se poi la pensiamo abbinata alle nano tecnologie?

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