Verificare le tolleranze in un disegno tecnico è fondamentale. Attenzione a come lo facciamo e al contesto

Immettere un prodotto sul mercato significa esserne responsabili al 100%. Una responsabilità che inizia fin dalle prime fasi del progetto, dove ogni tolleranza deve essere correttamente verificata. Passaggio tutt’altro che banale e scontato.

C’è un concetto che ritengo estremamente importante e che ribadisco ogni volta che ne ho la possibilità:

nel momento in cui un costruttore immette un prodotto sul mercato, è responsabile degli eventuali danni che può arrecare nel caso di non conformità.

Chi fa il mio mestiere sa bene che tutto inizia con il disegno tecnico, dove ogni tolleranza indicata porta con sé una responsabilità del costruttore, ovvero quella di verificarne la conformità.
E se questo vi dovesse sembrare un po’ scontato, posso assicurarvi che non lo è, perché nasconde un aspetto che talvolta viene trascurato dal progettista, vale a dire il fatto che

verificare una tolleranza ha un costo.

E ha un costo perché richiede risorse. Ogni sua specifica, infatti, implica un’attività di controllo, che può essere semplice o complessa, ma che – in ogni caso – occupa tempo, personale e strumentazione.
Senza contare che

più stretta sarà la tolleranza, più complessa sarà la verifica.

Pertanto, prima di eseguire ciascun controllo, è sempre bene porsi alcune domande fondamentali. Due in particolare.

La PRIMA è quale strumento usare. Come la maggior parte di voi saprà, infatti, un foro può essere misurato con strumenti diversi – calibro, micrometro da interni, tampone, alesametro o una macchina tridimensionale (ottica o a contatto) – e la sua scelta dovrà dipendere in parte dalla tolleranza richiesta e, in parte, dall’applicazione. Ebbene, questo processo apparentemente semplice, in realtà può rivelarsi piuttosto complesso.

La SECONDA domanda è: strumenti e competenze sono disponibili?
Perché in caso di risposta negativa si renderà necessario, da un lato, un investimento per acquistare ciò che manca. E, dall’altro, un investimento per la formazione del personale o per il coinvolgimento di risorse esterne.
Ma – altra domanda da porsi – la commessa giustifica queste eventuali spese aggiuntive?

Nel caso di tolleranze critiche e funzionali, va poi considerato un ulteriore aspetto:

l’approccio alla misurazione può variare tra cliente e fornitore. E queste diversità possono portare a fraintendimenti o, peggio, a contestazioni in fase di accettazione del pezzo.

L’unico modo che abbiamo per scongiurare questo rischio è

sincronizzare, fin da subito, il reparto qualità del cliente con quello del fornitore.

Accordarsi, in altre parole, su strumenti, metodi e criteri di verifica durante la fase di trattativa per evitare incomprensioni e garantire una collaborazione fluida.

E aggiungo anche che, in qualità di disegnatori, possiamo fare molto per prevenire queste criticità. Per esempio chiedendoci se ogni tolleranza che stiamo inserendo è davvero necessaria per la funzionalità del pezzo (FMEA). Oppure considerando sin dall’inizio gli strumenti e i processi disponibili nella nostra azienda o presso i fornitori. O, ancora, instaurando e mantenendo una comunicazione efficace con il reparto qualità per valutare gli impatti delle nostre scelte progettuali. Progettare bene significa, infatti, anche garantire che ciò che disegniamo sia controllabile in modo efficace e senza ambiguità.

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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