Un aiuto per stimolare la creatività

Ci vuole creatività per fare il progettista meccanico? Direi proprio di sì. Almeno secondo me. Per fortuna però in questo campo noi italiani siamo maestri e abbiamo sufficiente creatività da farcela invidiare da molti altri Paesi come Germania e Giappone.
Esistono, tuttavia, metodi e strumenti che possono offrire un valido supporto per contrastare la routine e l’inerzia psicologica, nemiche indiscusse della creatività, e quindi stimolare tutti quei processi mentali che ci permettono di tirar fuori idee innovative. Tecniche come il brainstorming o il pensiero laterale sono forse le più conosciute. Ce ne sono altre però meno note, ma altrettanto interessanti come il metodo TRIZ che personalmente non ho mai provato ma di cui ho sentito spesso parlare.

Acronimo russo di Teoriya Resheniya Izobreatatelskikh Zadatch (Teoria per la soluzione di problemi inventivi), il metodo TRIZ ha l’obiettivo di catturare il processo creativo in ambito tecnico e tecnologico, codificarlo e renderlo così ripetibile nel tempo. Questa metodologia venne sviluppata da Genrich Saulovich Altshuller mentre lavorava presso il dipartimento brevetti della flotta militare navale sul Mar Caspio. Lui e i suoi colleghi analizzarono gli abstract di oltre 200mila brevetti e nel farlo si accorsero che i problemi riscontrati in determinati processi assomigliavano a problematiche riscontrate in processi simili e che, di conseguenza, si assomigliavano anche i percorsi che portavano alle loro soluzioni. Così Altshuller pensò che, se si fossero catalogati tutti questi processi, si sarebbe potuto avere una gamma completa di possibili soluzioni.

Negli anni Novanta questa teoria fu trasformata in una vera e propria metodologia, che venne chiamata appunto TRIZ, e che si basa sostanzialmente su due concetti fondamentali. Il primo è che, se noi guardiamo l’evoluzione dei sistemi tecnici, ci accorgiamo che seguono delle regolarità nella loro fase evolutiva. Da qui diventa possibile quindi riconoscere delle similitudini che si possono applicare anche a campi trasversali. Se queste regolarità sono state collaudate, allora è molto probabile che siano verosimili e di conseguenza è possibile utilizzarle per andare a scremare le idee di partenza. In altre parole: nel momento in cui io codifico un determinato percorso, posso valutare di utilizzarlo in altre situazioni similari.
L’altro concetto su cui si basa la metodologia TRIZ è quello delle contraddizioni. Le innovazioni che nella storia hanno lasciato il segno sono quelle che invece di accettare un compromesso, propongono un paradosso. In base al metodo TRIZ, infatti, prima di generare idee devo capire quali sono le contraddizioni all’interno del mio sistema in modo poi da poterle superare. Solo allora posso andare a generare soluzioni che non siano di compromesso. Da qui, quindi, è possibile dire che se si hanno problemi che derivano da contesti differenti, ma con la medesime contraddizioni, è allora possibile utilizzare una stessa soluzione anche per contesti diversi.

Qualcuno di voi ha mai provato il metodo TRIZ? Se sì, cosa ne pensate? Può tornare utile?

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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2 risposte

  1. Non ho mai sentito parlare del metodo “TRIZ”. Mi hai messo una pulce nell’orecchio e, pertanto, sarà mia premura approfondire l’argomento. Ho avuto modo di conoscere il “brainstorming” invece, anche se in modo superficiale. Lo considero interessante. Soprattutto perché consente di affrontare la progettazione di un nuovo prodotto oppure di apportare modifiche ad un prodotto esistente liberando la mente da ogni condizionamento e da ogni preconcetto (detto in breve).
    Grazie per la segnalazione.

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