No, la risposta è no:
reddito di cittadinanza e mercato del lavoro non sono compatibili.
Ma questa non è solo la mia opinione, lo dicono i fatti e lo riportano le agenzie per il lavoro.
Sapete bene che non amo parlare di politica, e non lo sto facendo neppure questa volta. Anche perché il reddito di cittadinanza (o reddito di base che dir si voglia) indipendentemente da chi lo abbia sostenuto e chi no, non c’entra con la politica.
Su questo tema, però, ho un’idea ben precisa di cui mi piacerebbe parlare con voi.
Come potete ben immaginare, le agenzie per il lavoro ci segnalano spesso figure che ritengono interessanti per le nostre posizioni aperte. Da quelle più specializzate (come gli operatori tecnici di cui parlavamo la settimana scorsa) a quelle che si occupano delle mansioni più basilari.
Quando ci si trova a discutere con loro, ci dicono che proprio quest’ultima fascia di lavoratori (che non sono necessariamente operai, ma anche addetti a operazioni come smistamento delle merci, figure che operano nei supermercati e via dicendo) spesso e volentieri rifiutano il lavoro.
Perché lo fanno? Perché “non mi conviene accettare quell’impiego, altrimenti perdo il reddito di cittadinanza”.
Ora, io non voglio generalizzare, perché indubbiamente il reddito di cittadinanza è un grande sostegno in moltissimi casi, proprio perché il suo scopo è quello di tutelare le situazioni di povertà.
Innegabile però è anche che molta gente ne approfitta. Una percentuale molto alta, per esempio, di personale addetto alle mansioni più basilari (mi hanno parlato del 20/30%) preferisce non lavorare e continuare a ricevere questo sussidio per una ragione ben precisa:
in tantissimi casi tra contributi di disoccupazione e un po’ di lavoro in nero, finisce per guadagnare di più che non andando a lavorare regolarmente. E questo discorso purtroppo vale anche in un momento molto delicato come quello che stiamo vivendo, segnato da incertezza economica e tutto il resto.
E quindi? Quindi come spesso accade bisognerebbe appellarsi al senso civico dei singoli. Un senso civico che purtroppo ultimamente vedo mancare sempre più spesso.
C’è infine un’ultima cosa che mi domando. Siccome ci sono paesi nei quali il reddito di cittadinanza è stato avviato e poi tolto poiché non ha funzionato (penso per esempio alla Finlandia), come mai in Italia, prima di introdurre una misura del genere, non siamo andati a indagare le ragioni che ne hanno causato il fallimento altrove? Ci è forse mancata un po’ di umiltà?