Oggi il magazzino va pensato diversamente?

Quando tre anni fa ho scritto il post “Fare o non fare il magazzino?”, mai avrei immaginato che nel giro di così poco ci saremmo trovati ad affrontare una situazione che avrebbe capovolto se non addirittura stravolto molte delle certezze che avevamo.

In quel post scrivevo che

la tendenza del manifatturiero era quella (e lo è stata fino a oggi) di ridurre al minimo le scorte di magazzino

Diverse le ragioni. Abbassare il costo finale di un prodotto, per esempio, andando a toccare una voce molto importante (quella del magazzino) sulla composizione del prezzo. Oppure il ciclo di vita medio del prodotto finale (qualunque, o quasi, esso sia) che è diminuito notevolmente (obsolescenza programmata) e, di conseguenza, è diventato poco sensato mantenere grandi scorte delle relative componenti. O ancora il magazzino stesso, che – già di per sé – è un costo, vuoi per lo spazio a terra che occupa, vuoi per il personale che lo gestisce.

Tutte ragioni sacrosante che mi sentirei in parte di sottoscrivere anche ora, se non fosse che due mesi fa è arrivato il Coronavirus, il lockdown e molte aziende hanno dovuto sospendere l’attività creando buchi non indifferenti nella filiera produttiva. Imprese di primaria necessità che potevano restare aperte hanno avuto difficoltà a portare avanti la propria attività perché non potevano acquistare la merce dai fornitori.
Quindi se fino a “ieri” la riduzione al minimo delle scorte di magazzino aveva ripercussioni sulla filiera principalmente in termini di prolungamento delle tempistiche di produzione e dei tempi di consegna, gli ultimi due mesi hanno dimostrato che le conseguenze possono essere ancora più catastrofiche.

La riduzione esasperata delle merci pronte a magazzino a favore del just in time si è rivelato un enorme limite all’autonomia produttiva di questi ultimi mesi, con evidenti rischi di interruzione delle filiere, incluse quelle essenziali.

Quindi il fermo di un’azienda come MICROingranaggi perché non parte di filiere essenziali, in realtà aveva senso solo apparentemente perché – come scrivevo – la nostra microcomponentistica era fondamentale per comparti essenziali come il medicale e l’avionico.

Perciò vi rifaccio la domanda di tre anni fa:

fare o non fare il magazzino? O, meglio, quale dovrebbe essere il giusto compromesso alla luce di quanto accaduto recentemente?

Da fornitore, come già scritto in passato, continuo a pensare che sia importante tenere traccia dello storico del venduto così da avere elementi validi per fare previsioni realistiche e, ove possibile, proporre contratti di fornitura che siano convenienti per i clienti (in termini di costi e tempi di consegna) e che permettano, al tempo stesso, ai produttori/fornitori di avere una maggiore visibilità e quindi più spazio di manovra (anche nell’ottica dell’approvvigionamento). Oggi più che mai.

Come cliente, invece, varrebbe la pena di fare una attenta analisi della propria catena di fornitura, mettendo sulla bilancia eventuali rischi derivanti dal fatto che alcuni fornitori potrebbero non poter produrre in situazioni di

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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