Come imprenditore del settore non posso non notare che ci troviamo a operare in mercati sempre più complessi, dove le logiche competitive cambiano molto più rapidamente rispetto al passato. Le scelte legate ai costi, le catene di fornitura e la stessa percezione della qualità si stanno modificando in modo profondo.
Pensiamo, per esempio, alla concorrenza cinese: non è più un qualcosa di marginale, ma una presenza strutturale con cui dobbiamo imparare a fare i conti seriamente.
Siamo di fronte a un equilibrio industriale che si sta ridefinendo giorno dopo giorno.
Un cambiamento, questo, che non riguarda solo la meccanica, ma l’intero sistema produttivo europeo (e l’automotive ne è un esempio concreto). Ma non credo si tratti di un’onda passeggera, bensì di un modo diverso di fare industria, con cui dobbiamo imparare a confrontarci in modo consapevole.
Esistono alcune dinamiche che, sempre più spesso, vediamo ripetersi. Capita, a volte, di avere lo stesso componente montato su due macchine diverse – una di dieci anni fa e una recente – e scoprire che quello più vecchio funziona ancora perfettamente, mentre quello nuovo inizia a dare problemi dopo pochi mesi. Vi è mai successo?
A noi, per esempio, è capitato con un piccolo pistoncino del ribaltatore di una delle nostre macchine: stesso modello, stessa marca, ma risultati diversi.
Questo per dire che, probabilmente, oggi molte aziende – spinte dalla necessità di contenere i costi – tendono a risparmiare su materiali, trattamenti o finiture. A vederli, i componenti sembrano identici, ma poi, nella pratica, le prestazioni non lo sono più. Ed è un fenomeno che, poco alla volta, sta modificando la percezione stessa della qualità complessiva di un impianto.
A mio avviso è anche per questo che, oggi,
il confine tra un fornitore europeo e uno asiatico si è fatto molto più sottile. Se chi, per tradizione, offriva determinate garanzie inizia a mostrare qualche incertezza, allora la scelta di rivolgersi altrove diventa più naturale.
Non lo dico in chiave critica, ma come semplice constatazione: quando le differenze qualitative si assottigliano, il prezzo torna a essere il criterio principale. E a quel punto, diventa indispensabile recuperare consapevolezza tecnica, attenzione alla filiera e capacità di valutare il valore reale di ciò che acquistiamo.
Mi ha colpito molto un episodio accaduto a settembre, in occasione dell’ultima EMO. Durante la presentazione di una nuova macchina, EMAG ha dichiarato con grande trasparenza che viene prodotta nel loro stabilimento in Cina.
Personalmente trovo che non ci sia nulla di male. Anzi! Se la macchina è di qualità e il prezzo è coerente con il contesto produttivo, credo sia stato giusto dirlo apertamente.
In un momento in cui si parla tanto di globalizzazione e delocalizzazione, la trasparenza può davvero diventare un valore aggiunto. Perché non nasconde certe scelte industriali, ma le spiega. E, alla lunga, questo crea fiducia.
Il punto, quindi, è proprio questo: la coerenza tra dove un prodotto nasce, quanto vale e quanto costa sta diventando sempre più importante.
Perché se un costruttore europeo decide di produrre in Cina, ma continua a proporre quel prodotto a un prezzo “europeo”, il rischio è che i produttori locali – quelli cinesi – abbiano gioco facile.
È un meccanismo che abbiamo già visto accadere in tanti settori: dai componenti per l’illuminazione professionale alle forbici per la potatura. Prima si sposta la produzione per ridurre i costi, poi arrivano i produttori locali che realizzano lo stesso prodotto a metà prezzo. E nel giro di pochi anni gli equilibri di mercato cambiano completamente.
Morale… Credo che la direzione sia ormai chiara: ci stiamo muovendo verso mercati sempre più complessi, verso nuovi equilibri globali in cui la concorrenza asiatica – e in particolare quella cinese – è ormai parte integrante del nostro sistema industriale. È una realtà con cui dobbiamo confrontarci ogni giorno, con realismo e lucidità.
Il punto, però, non è temere questa concorrenza, ma capire come restare rilevanti in un mondo che cambia.
E questo significa continuare a investire nella qualità, nella competenza, nella capacità di leggere il contesto e di saperlo spiegare. Perché, alla fine, la differenza non la fa tanto dove produci, ma il modo in cui scegli di farlo.