Casa mia – quella dove vivevo con la mia famiglia di origine – è sempre stata un laboratorio. Anche quando non c’era l’officina, avevamo un piccolo locale adibito a questo scopo, proprio perché mio padre – che all’epoca lavorava in una azienda della zona che faceva contatori per energia elettrica – quando tornava a casa si rimetteva all’opera nel suo laboratorio. Cacciaviti, pinze, martelli, tenaglie. Gli attrezzi a casa mia non sono mai mancati, c’era di tutto.
Mio padre mi raccontava che da molto piccolo, quando qualcuno mi regalava una macchinina, per i primi giorni ci giocavo, poi prendevo il cacciavite e, vite dopo vite, iniziavo a smontarla proprio per avere la soddisfazione di vedere cosa c’era dentro. Senza ovviamente capire nulla.
Lo facevo così tanto che mio padre poi si metteva a rimontarle quando ero già a letto, proprio per non alimentare eccessivamente questa mia “foga” di smontare tutto.
Uno dei ricordi più vivi che ho risale a quando, da bambino (avrò avuto sì e no 11 anni), girovagavo nell’officina di ingranaggi che la mia famiglia poi aprì a Corsico. Non amavo passare le ore sui libri di scuola, ma avevo la grande fortuna di apprendere abbastanza in fretta. E così, dopo la scuola, raggiungevo mio padre in officina per vedere cosa faceva e passavo lì quasi tutto il pomeriggio.
Inizialmente non mi era concesso fare nulla. Vuoi per una questione di sicurezza o vuoi perché comunque un bambino non doveva toccare uno strumento di lavoro.
Mi ricordo però che in officina c’era un tornio parallelo manuale che adesso naturalmente non abbiamo più. A me bastava sedermi su uno sgabello lì a fianco, semplicemente a osservare che cosa faceva mio padre.
Poi un giorno mi diede il permesso di pulirlo.
Ebbene,
oggi ho 58 anni e mi ricordo ancora nitidamente quando ebbi il permesso di pulire per la prima volta quel tornio. Allora di anni ne avevo 11 o 12.
Vi lascio immaginare cosa significasse per me quella concessione.
Questo perché pulire quel tornio significava anche toccarlo. Quindi muovere il carrello, spostare la contropunta, togliere l’utensile. E poi pennello, straccio e via. La mattina dopo mio padre mi disse che avevo fatto un bel lavoro. Non vi dico la soddisfazione.
Alle superiori, dopo la scuola, iniziai ad affiancare mio padre in officina.
Forse è proprio così che tutto è cominciato…