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È il momento di comprare prodotti italiani e aiutare la nostra economia. Oppure NO?

Vedo circolare sempre più spesso in rete (e soprattutto sui social)

campagne personali contro l’acquisto di prodotti stranieri in favore di quelli italiani così da aiutare – da un lato – l’economia del nostro paese e – dall’altro – boicottare marchi di proprietà estera.

In effetti questa tendenza c’era anche prima, ma da quando è iniziata l’emergenza Coronavirus ho la netta impressione che sia aumentata ulteriormente. Leggo per esempio molti post contro le GDO di proprietà francese o tedesca, e qualcuno addirittura incita a smettere di comprare prodotti made in China perché i cinesi “sono gli untori di questo pianeta”.

Ora, tralasciando quest’ultimo punto di vista che personalmente trovo privo di alcun senso logico oltre che un po’ razzista, faccio una domanda:

siamo davvero sicuri che scegliere di comprare prodotti italiani piuttosto che tedeschi o francesi sia di aiuto per l’economia del nostro paese?

Posso capire – ma non condividere – che certe uscite siano frutto di reazioni emotive, ma mi sembra un po’ come quando ci si dispera perché un’azienda italiana prestigiosa e storica diventa di proprietà estera, quando invece – a parer mio – spesso e volentieri è proprio la sua salvezza. Penso per esempio ai nuovi capitali messi a disposizione degli investimenti, o al coinvolgimento di manager più competenti, in grado di gestire e amministrare meglio imprese che altrimenti sarebbero fallite e che invece, proprio grazie a questi contributi, continuano a produrre dando lavoro a migliaia di persone.

Quindi, pur essendo certo del fatto che questo post susciterà sentimenti contrastanti in alcuni di voi, e in particolare in chi ha un’opinione diversa dalla mia, non posso fare a meno di dire come la penso sulle campagne contro i prodotti stranieri (anche perché la condivisione di pareri, anche se opposti, è per me motivo di crescita).

Non dobbiamo dimenticare che quando parliamo di grande distribuzione, anche se la proprietà è estera, sono coinvolte decine di migliaia di lavoratori italiani. Molti prodotti in vendita sono italiani. La logistica impiega molti nostri connazionali e lo stesso vale per ciò che ruota intorno a edilizia e manutenzione.

Un altro esempio è quello del comparto automotive. A chi sostiene che sia meglio comprare auto di marca italiana “così si dà lavoro agli italiani” non posso non far notare che non è detto che l’assemblaggio (in genere fatto dall’azienda che detiene il marchio del veicolo) abbia un valore economico superiore a quello relativo alla fornitura di componenti.
Voglio dire che è possibile che nella produzione di un’auto tedesca ci sia più fatturato per le aziende italiane che le forniscono componentistica, che non nella produzione di un’automobile italiana, proprio perché magari monta tante parti realizzate da fornitori esteri.

Morale:

il mondo in cui viviamo è cambiato. È un mondo economico completamente globalizzato: tutti lavoriamo per tutti e, sempre di più, ci troveremo di fronte ad aziende (quelle più prospere almeno) con fatturati equamente distribuiti nel mondo.
Ciò significa che “siamo tutti sulla stessa barca” e che è fondamentale collaborare e aiutarsi senza distinzioni legate a paese o continente di appartenenza.

Siamo certi che dietro a ciò che tendiamo a chiamare orgoglio nazionale in realtà non ci sia una scarsa conoscenza di certe dinamiche e – perché no – anche un pizzico di razzismo?

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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