Due pensieri a caldo su automazione e smart working

L’emergenza Covid-19 ha fatto capire un po’ a tutti che non siamo immortali, ma fragili e vulnerabili. Personalmente, ma anche a livello di impresa. Una pandemia come questa, in altre parole, potrebbe verificarsi nuovamente in futuro.
E così in questi giorni ho fatto due riflessioni che riguardano il modo di lavorare che verrà.

Il primo pensiero riguarda l’automazione e le nuove tecnologie in fabbrica.
Un pensiero che riassumerei così:

i virus non aggrediscono i robot e una fabbrica completamente automatizzata (o quasi) e interconnessa, in un periodo come quello che si è da poco concluso, sarebbe potuta restare operativa potenzialmente senza stop perché in grado di lavorare in totale sicurezza.

Pensate per esempio al comparto automotive. Nella maggior parte dei casi gli stabilimenti delle aziende di questo settore dispongono di spazi molto ampi che permettono agli operatori di mantenere il giusto distanziamento. Inoltre le linee automatiche – per loro stessa natura – riducono il numero di addetti ai lavori. E poi c’è il fatto che le imprese di questo comparto hanno una capacità economica tale da riuscire a mettere in sicurezza tutti i lavoratori in tempi record.
E allora perché quando la pandemia è iniziata sono state tra le prime a chiudere?

Semplici questioni organizzative (in senso lato)? Un maggior numero di contagiati perché in proporzione al numero dei dipendenti? O un tentativo – fortemente voluto dalle forze sindacali – di non creare disparità tra operai in linea e impiegati (più in sicurezza perché in smart working)? Oppure l’automazione e le nuove tecnologie non sono un reale aiuto in questo senso?
O cos’altro, secondo voi?

L’altra riflessione che ho fatto riguarda invece lo smart working.
All’inizio del lockdown avevo scritto che lo smart working delle fasi uno e due doveva essere considerato e valutato per ciò che realmente era: una emergenza dettata dal particolare momento e pertanto NON sarebbe stato veritiero valutarne i risultati in quella specifica situazione (con scuole chiuse e bambini e ragazzi che inevitabilmente gironzolavano per casa).
Vero è anche però che le cose nel corso di questi mesi sono cambiate.

Molte aziende si sono organizzate seriamente per questa nuova modalità di lavoro dopo essersi rese conto che in effetti i risultati c’erano nonostante tutto.

Twitter, per esempio, permetterà ai lavoratori che lo vorranno di operare in smart working per sempre.
E così faranno anche molte imprese italiane, attirando pareri contrastanti da parte dei lavoratori stessi.
In effetti, se ben ci pensiamo, lo smart working è qualcosa di anomalo, qualcosa a cui non siamo abituati, ma non è detto che tra venti o trent’anni (magari anche meno) non si assista davvero a una rivoluzione in questo senso e tutti ci troveremo a lavorare da remoto per la maggior parte del tempo.

Lo smart working che abbiamo adottato in MICROingranaggi sarà sicuramente oggetto di studio futuro per capire se continuare ad applicarlo e con quale frequenza. In generale credo che – nonostante sia ancora poco sviluppato in un settore come quello della meccanica – possa davvero diventare un plus per i nostri lavoratori.

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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