Cosa dire sui venditori di oggi?

Tempo fa ho scritto che un buon commerciale tecnico deve conoscere bene ciò che sta vendendo, avere ottime capacità nel relazionarsi con gli altri e una buona organizzazione di base. Deve, inoltre, conoscere le lingue straniere (o quantomeno l’inglese), essere orientato agli obiettivi, avere un atteggiamento aperto e costruttivo e, al tempo stesso, la capacità di trasmetterlo al cliente.
Deve avere, in sostanza, un buon background conoscitivo (che in alcuni settori – e il nostro è uno di quelli – si traduce anche nel possedere competenze tecniche di un certo livello) abbinato a una serie di doti spesso innate.
La domanda che vi faccio è:

pensate che sul mercato oggi ci siano venditori preparati?

Lo chiedo perché mi sembra di vedere che la tendenza delle imprese di questi tempi sia, sempre di più, quella di buttare le persone nel mondo della vendita completamente allo sbaraglio. Al grido di “questi sono i clienti, questo è il catalogo, studia il prodotto e vai a vendere”.
Vi faccio un esempio concreto legato proprio al periodo di Natale (dato che ormai ci siamo quasi). Come sappiamo bene capita spesso che i negozi (grandi o piccoli che siano) assumano personale extra nei periodi di grande affluenza. Il problema è che in moltissimi casi (e mi riferisco soprattutto agli esercizi che fanno parte di grandi catene)

non prevedono alcun tipo di formazione.

Ecco, il problema in questi casi secondo me è duplice. Da un lato chi compra e va a fare acquisti in un negozio specializzato, si aspetta di trovare un venditore preparato sul prodotto che sta vendendo. Cosa che molto spesso non avviene.
Dall’altro va a finire purtroppo che questa tendenza vada a influire negativamente anche sulla percezione generale dell’operato di queste figure “a chiamata” (che per lo più sono giovani), proprio perché la mancanza di competenza viene attribuita al lavoratore stesso, nonostante in realtà non ne abbia colpa. Quante volte abbiamo sentito dire: “i giovani di oggi non sanno fare niente!”.

Il timore che ho è che purtroppo funzioni così anche in molte aziende del nostro settore.

Che si appoggino, in altre parole, a

reti di venditori che, in tanti casi, pur essendo dotati dell’arte di saper vendere, non sono preparati sul prodotto, proprio perché non formati adeguatamente.

La conseguenza è che non sono in grado di proporre ai clienti il prodotto giusto, pur magari avendolo a catalogo, proprio perché non ne conoscono le caratteristiche.
Questo vale non solo per componenti meccaniche di basso valore economico, ma anche per strumentazioni molto costose. Mi torna spesso alla mente una contestazione che ci venne fatta tempo fa in merito alla conformità di un ingranaggio che avevamo venduto, perché era stato controllato con uno strumento che non c’entrava assolutamente nulla con il tipo di misurazione che doveva essere effettuata.

La mancanza di una formazione adeguata è più frequente, da quello che mi pare di vedere, nelle aziende più grandi, ma non tanto per una questione legata al tipo di struttura in sé, quanto piuttosto al fatto che ci sia un maggiore turnover del personale.
Un turnover non necessariamente legato allo spostarsi di lavoratori da un’azienda all’altra, quanto piuttosto dal fatto che è prassi comune cambiare mansione ai dipendenti di una stessa impresa, mettendoli spesso a ricoprire ruoli per cui non sono preparati.
Ma questa è un’altra storia…

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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