Clienti, fornitori, collaboratori: qual è il giusto modo di porsi nei loro confronti?

Quando si occupa un ruolo si tende a trasferire parte della propria personalità in quello che si fa e questo è plausibile. A patto che non si superino certe soglie. Esistono diversi livelli e forme di atteggiamento e alcuni, secondo me, sono decisamente controproducenti e dannosi.

Secondo voi

quale dovrebbe essere il giusto modo di porsi nei confronti delle persone con cui – più o meno frequentemente – ci interfacciamo in ambito lavorativo (siano essi clienti, fornitori o collaboratori)?

Lo chiedo perché alcune condizioni di contorno (come per esempio i tempi di consegna esasperati e i margini produttivi sempre più risicati) hanno trasformato il mondo del lavoro in un contesto molto frenetico e non sempre facile da gestire. Piuttosto frequentemente inoltre capita di imbattersi in personaggi così sgradevoli che, nelle situazioni più estreme, rischiano addirittura di rovinare collaborazioni storiche.

In questi anni sono arrivato a identificare diversi livelli e forme di atteggiamento, constatando che alcuni di essi sono decisamente controproducenti e dannosi.
Parliamo di clienti, per esempio. C’è chi si pone in maniera molto collaborativa, rendendo più semplice e sereno il lavoro di tutti. Poi c’è chi sta un po’ più ‘sulle sue’ e preferisce ascoltare prima di esporsi, ma lo fa comunque in maniera educata e gentile. E, infine, c’è il cliente prepotente al grido di “siccome pago, i fornitori devono fare quello che dico io, nei tempi, modi, condizioni e costi che stabilisco io. Anche se a loro non conviene”.

Ed è proprio a quest’ultima categoria di persone che mi riferisco quando parlo di “collaborazioni storiche rovinate”: atteggiamenti del genere non possono in alcun modo portare a qualcosa di buono, eppure capita spesso di imbattersi in personaggi del genere.
Perché? Sono vittime di superiori maleducati e prepotenti e quindi finiscono per esserlo a loro volta con chi hanno di fronte come diretta conseguenza?

Oppure ha torto chi giudica negativamente questo modo di porsi perché in realtà comportamenti del genere funzionano e permettono, a chi li assume, di ottenere effettivamente tutto ciò che vuole?

Io ho qualche dubbio a riguardo. Vi faccio un esempio.
Se sono a capo di un’azienda o di un qualsiasi reparto, non potrei in alcun modo lavorare a un prezzo che considero eccessivamente basso solo perché chi ho di fronte ha alzato la voce con me: la mia impresa ne sarebbe danneggiata economicamente con tutto ciò che ne conseguirebbe.
Inoltre, se per assurdo dovessi decidere di farlo comunque, cosa dovrebbe pensare il mio interlocutore ‘poco rispettoso’? Sicuramente, secondo me, dovrebbe porsi delle domande sul reale valore di quello che sta comprando e sulla mia effettiva onestà. In altre parole: se sto per mettermi a lavorare a un costo decisamente più basso di quello proposto in prima istanza senza averne alcuna convenienza a farlo, è molto probabile che prima stessi cercando di caricare eccessivamente il mio cliente proponendogli un prezzo decisamente più alto del dovuto. Non credete?

Morale…
In genere quando si occupa un ruolo si tende a trasferire parte della propria personalità in quello che si fa e questo può anche essere plausibile. A patto che non si superi una certa soglia. Soprattutto nel caso di tutte quelle posizioni che, ancor più di altre, richiedono atteggiamenti relazionali di un certo genere.

Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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