Ricordate la figura dell’operaio rappresentata da Charlie Chaplin in Tempi Moderni? La mia impressione è che molti giovani pensino che oggi fare l’operaio significhi fare quel mestiere lì. Non è così?
Che cos’è oggi un operaio? Cosa fa? Deve avere competenze specifiche?
Penso sia importante fare una precisazione, che ritengo tutt’altro che banale, perché io credo che la figura professionale dell’operaio venga in qualche modo travisata e spesso anche sottovalutata (parlo ovviamente del mio settore, quello della meccanica).
Il termine “operaio” vuol dire tutto e niente, perché di operai ce ne sono diverse tipologie. Si va da quello più semplice, il manovale puro, addetto alle mansioni più basilari. E si arriva a quello addetto alle macchine a controllo numerico, che invece è un vero e proprio tecnico. Nonostante anche quest’ultima figura, da un punto di vista amministrativo, venga gestita con un certo tipo di contratto e rientri, di fatto, nella categoria generica dell'”operaio”, siamo ben lungi dal mestiere che svolgeva Charlot in Tempi Moderni.
Gli operai specializzati sono infatti figure tecniche a tutti gli effetti, sono professionisti che mettono le mani (e la testa) su dei computer, su degli azionamenti, che registrano il lavoro che svolgono, che raccolgono dati, che realizzano schede di lavorazione (grandi patrimonio delle aziende), e via dicendo.
Nessuna tipologia di operaio deve essere sminuita da un punto di vista professionale, ma va fatto un distinguo:
da un lato ci sono gli operai più semplici, dall’altro quelli che, pur essendo definiti operai, in realtà sono tecnici.
Ecco, è questa seconda tipologia di operai che le imprese italiane faticano enormemente a trovare. Ed è sempre questa tipologia di operai che si vorrebbe che venissero formati a dovere dalle scuole tecniche.
E ancora: è questo mestiere che – a mio avviso – non viene capito, finendo di fatto per essere sottovalutato dai ragazzi che si trovano a fare una scelta sulla scuola superiore da seguire.
Il punto di vista più comune è infatti che chi vuole fare un certo tipo di carriera, debba necessariamente andare all’università. Chi invece ha come unico obiettivo quello di concludere la scuola dell’obbligo, perché – appunto – obbligatoria, nella gran parte dei casi sceglie un istituto tecnico, che finisce inevitabilmente per diventare una sorta di rifugio per chi non sa cosa fare, ma deve togliersi il pensiero della scuola.
Ecco, niente di più sbagliato!! Un tempo le scuole tecniche – di meccanica, di informatica o di elettronica che fossero – formavano davvero i ragazzi. Al termine degli studi, infatti, una persona aveva ottime basi tecniche grazie alle quali poteva iniziare una carriera.
Oggi gli istituti tecnici dovrebbero avere lo stesso ruolo, soprattutto perché ci sarebbe ancora un gran bisogno di figure tecniche nelle aziende che fanno notevoli passi avanti dal punto di vista tecnologico. Eppure non è così perché si trovano ad avere a che fare con molti studenti (non tutti ovviamente) che sono lì solo per dovere, ma che vorrebbero essere altrove. Il risultato è che
la carenza di personale tecnico specializzato è un dato di fatto che ha conseguenze tutt’altro che piacevoli sul manifatturiero italiano.
Quindi lo ripeto ancora una volta:
gli operai tecnici specializzati di oggi non sono manovali puri, ma professionisti esperti, ricercati, che svolgono un lavoro tutt’altro che noioso e ripetitivo, e che – di fatto – non si “sporcano le mani”. Sono figure che hanno di fronte una vera e propria carriera con relativo compenso economico.
A buon intenditor…