Ogni azienda dovrebbe essere certificata?

La mia risposta è sì. Sì, ogni azienda dovrebbe essere certificata, a patto che lo spirito con cui viene approcciato il percorso sia “sano e costruttivo”. Vi spiego cosa intendo.

Avete mai visto qualcuno con la patente di guida, senza essere minimamente in grado di guidare?
Immagino che tanti di voi ora staranno pensando: Sì, certo! Che domande!
E in effetti, vista la condotta di alcuni utenti della strada, concordo pienamente.
Ma, al di là degli scherzi, sappiamo tutti bene che – fatta eccezione che per qualche caso che ogni tanto “fa notizia” – ottiene la patente di guida solo chi, dopo aver appreso le norme di circolazione e fatto sufficienti esercitazioni pratiche, è in grado di affrontare e superare un esame ufficiale, costituito da una parte teorica e una pratica.

Ebbene, le certificazioni ISO 9001 possono essere equiparate esattamente alla patente di guida.
Il problema è che

spesso la ISO 9001 viene considerata solo in relazione al certificato rilasciato alla fine dell’iter, dimenticando cos’è e quale dovrebbe essere lo spirito per approcciare la norma.

Molte aziende la vedono, purtroppo, solo come uno strumento da mostrare ai potenziali clienti in fase di acquisizione.

Questo, però, non è corretto.

Le ISO sono Standard (dette “norme” per semplicità, anche se impropriamente) che sintetizzano le migliori pratiche di gestione dei processi di un’organizzazione.

Letteralmente: Standards define what great looks like, setting consistent benchmarks for businesses and consumers alike — ensuring reliability, building trust, and simplifying choices.

Questo significa che l’aspetto legato alla certificazione dovrebbe essere solo la parte conclusiva di un percorso che un’azienda, un’organizzazione dovrebbe fare.
Perciò se qualcuno dovesse chiedermi se, secondo me, ogni azienda dovrebbe essere certificata, risponderei sì.
O meglio:

Sì, ogni azienda dovrebbe essere certificata, a patto che lo spirito con cui viene approcciato il percorso sia “sano e costruttivo”.

Dove per “sano e costruttivo” intendo dire che deve essere mosso da una motivazione valida, che porti quindi a essere ricettivi nel recepire il modello di gestione aziendale che quello Standard fornisce.

Anche perché, se ben ci pensate, fare impresa non è cosa da poco.
La gestione del prodotto, del cliente, del parco macchine, del personale, di norme e tutto quel setting di adempimenti che passa in gergo come “burocrazia”, e via dicendo, non la si apprende a scuola. E anche se esistono percorsi di studi che trattano la “gestione d’impresa”, molti espedienti che offrono le ISO non sono minimamente trattati.

Quello che voglio dire quindi è che si può implementare un sistema di gestione senza l’urgenza di ottenere subito la certificazione. Per farlo è utile dotarsi di competenze (interne o esterne) e adottare un approccio pratico per aiutare a integrare questo sistema nel tempo. Se la certificazione diventa “necessaria”, si può procedere con essa subito dopo. L’unico rischio è che il sistema certificato poi non corrisponda esattamente al modo reale in cui l’azienda opera.

Giuseppe Friscia

È il Responsabile del sistema di gestione di MICROingranaggi.
Per molto tempo ha lavorato presso organismi di parte terza nel mondo delle certificazioni. Poi, a un certo punto della sua carriera, ha deciso di cambiare, passando dall'essere auditor all'essere soggetto che sottopone un sistema di gestione aziendale alla valutazione di un terzo.
La sua missione consiste nel rendere quotidiano il concetto di qualità.

Tutti i suoi articoli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli recenti

Anche nei piccoli riduttori, l’housing è fondamentale

Incide direttamente sulla durata del sistema, sull’efficienza, sulla rumorosità e sulla qualità della lubrificazione. Non è solo un contenitore: se progettato con attenzione, può fare la differenza, soprattutto in presenza di velocità elevate e carichi importanti.

Quale futuro avranno le nuove generazioni nel mondo del lavoro?

Se alla tecnologia verranno affidati i compiti più ripetitivi, così da lasciare all’uomo attività a più alto valore aggiunto, non rischiano di restare escluse proprio le figure che – per scelta o per condizione – sono più fragili? Vi dico quello che pensiamo e cosa potrebbero e dovrebbero fare le realtà come MICROingranaggi.

Quanto vale l’idea che stiamo dando al cliente?

È giusto riconoscere e valorizzare il reale contenuto di un’idea – frutto di know-how ed esperienza – senza limitarci a quotare soltanto il tempo necessario a trasformarla in un progetto concreto e realizzabile?