Nonostante stiamo entrando a pieno regime nell’era dei grandi automatismi e dei robot collaborativi (e MECSPE ne è stata un’ulteriore conferma), e nonostante anche il solo pensare a un essere umano che assembla un assieme con chiavi di Allen e cacciavite possa sembrare ormai obsoleto, è sempre bene fare tutte le valutazioni del caso.
C’è una ragione per cui la penso così. Una ragione che ovviamente è strettamente legata alla mia azienda.
Intanto è opportuno suddividere i sistemi di assemblaggio tradizionali composti da antropomorfi, tavole rotanti o vere e proprie linee di assemblaggio dai robot collaborativi.
Investire in uno strumento del primo genere a volte richiede un impegno economico anche di centinaia di migliaia di euro, soprattutto se è richiesto il collegamento a software di registrazione dati con relativi sensori e telecamere. Quindi un investimento così significativo è giustificato solo per serie importanti o famiglie di oggetti simili tra loro in quanto, come quasi sempre avviene, i sistemi sono almeno parzialmente adattabili.
Diversa è la situazione dei robot collaborativi che, a differenza dei sistemi che ho appena citato, sono più facili da programmare e utilizzare, hanno costi decisamente più contenuti (nell’ordine delle decine di migliaia di euro) che consentono ammortamenti più brevi e tecnicamente potrebbero anche essere impiegati per altre attività di officina diverse dall’assemblaggio come ad esempio il carico-scarico di pezzi da una macchina utensile o il confezionamento di prodotti. Inoltre è decisamente semplice la configurazione che consente di adattare l’oggetto in situazioni diverse in pochi minuti e, non ultima, consentono in funzione l’operatività senza le tristissime gabbie metalliche di protezione (mi perdonino i produttori di questi articoli). Nonostante questo però, l’introduzione di un robot collaborativo non è così banale come si potrebbe pensare.
Questo perché le operazioni manuali di assemblaggio che i nostri operatori si trovano a svolgere quotidianamente sono così tante (avvitatura, incollaggio, saldatura di cavi elettrici, posizionamento di guarnizioni o di connettori, lubrificazione, forzatura di boccole e cuscinetti, lettura o verifica dei valori indicati di una strumentazione …) che rendere operativo ogni volta un robot collaborativo per ognuna di tali mansioni richiede comunque delle attrezzature di presa o di collegamento meccaniche, pneumatiche, ottiche ecc. che devono compensare le infinite possibilità della mente, dei sensi e della mano umana e che costituiscono un costo da valutare. In ultimo va anche considerato il carico massimo ammesso e il braccio massimo di azione che costituiscono a loro volta un limite soprattutto quando utilizzati in scopi diversi dall’assemblaggio.
Quindi – esattamente come per i sistemi di assemblaggio tradizionali – l’impiego di un collaborativo mi pare giustificato in caso di serie medio grandi o almeno frequentemente ripetibili oppure in caso di operazioni fortemente usuranti o pericolose.
MICROingranaggi realizza tantissimi codici prodotto da assemblare, ma in lotti di produzione piuttosto piccoli dell’ordine delle migliaia o centinaia (a volte addirittura di poche decine). La dimensione dei nostri articoli è sempre molto limitata al punto di poter contenere comodamente ogni oggetto nel palmo di una mano anche se composto da diverse decine di piccolissimi particolari, questo fa sì che l’assemblaggio manuale sia la soluzione che al momento riteniamo ancora la migliore. Inoltre la nostra produzione è principalmente conto terzi e difficilmente si possono ricevere dai clienti garanzie di ordinativi per lunghi periodi. E ancora: un essere umano, a differenza di un robot, può accorgersi facilmente di qualcosa che non va, a volte anche piccoli difetti estetici e non soltanto funzionali.
Ad esempio recentemente sono stato gentilmente invitato da un fornitore alla visita di uno stabilimento di supercar ed è stato magnifico vedere abilissime operatrici rivestire parti interne dei cruscotti di pelle pregiata con una manualità e attenzione ai dettagli e alle minime difettosità impossibili da replicare con automatismi, abbastanza diffusi invece in altri reparti di produzione e di assemblaggio.
Quando si parla di assemblaggio manuale l’errore umano è possibile e questo è un dato di fatto.
È molto più probabile però che tale errore si verifichi in casi dove ricorrano alti livelli di ripetitività. Ma se ciò non accade perché i pezzi da assemblare sono pochi, allora il problema è quasi inesistente. A patto ovviamente che il tecnico incaricato sia competente e in condizione di mantenere la concentrazione.
Nonostante questo la nostra attenzione verso il mondo dei robot collaborativi è sempre molto alta in quanto le richieste che arrivano in MICROingranaggi sono moltissime e diversificate, i costi come per tutti da tenere bene sotto controllo, pertanto nulla è dato per certo e scontato in eterno…