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Quando anche le aziende italiane avevano una scuola al loro interno…

Una volta quasi tutte le aziende italiane di un certo livello avevano una scuola al proprio interno, dove i ragazzi imparavano il mestiere direttamente sul campo. Qualcosa di analogo oggi accade ancora in diverse realtà straniere, ma in Italia non più e questo è un vero peccato. Ma perché?

Una volta quasi tutte le aziende italiane di un certo livello avevano una scuola al proprio interno, dove i ragazzi imparavano il mestiere direttamente sul campo. Ricordo per esempio la milanese Fratelli Borletti di via Washington, che alla fine di ogni ciclo formativo selezionava e assumeva i ragazzi più promettenti. Gli altri, comunque, grazie alle competenze acquisite, avevano ampia possibilità di trovare impiego altrove perché non solo avevano imparato un mestiere, ma lo avevano fatto in un contesto lavorativo reale.

Qualcosa di analogo oggi accade ancora in diverse realtà straniere. In Svizzera e Germania, per esempio, costruire un centro formativo interno alle aziende è ancora una pratica piuttosto diffusa (anche se magari non più come una volta). Pensate per esempio a quanti costruttori di macchine utensili hanno nel proprio stabilimento intere aree dedicate alla formazione, spazi che ospitano strumenti e impianti di ogni genere, dai più tradizionali fino a quelli di ultima generazione.
Una scuola interna permette di creare un volano di personale di un certo genere, costituito non solo dagli studenti più bravi e qualificati, ma anche da persone con competenze di grado diverso in modo che possano essere integrate a ogni livello del processo produttivo e a ogni livello di responsabilità (se si assumessero solo persone preparate e ambiziose ci sarebbe il rischio di creare conflitti).

Oggi in Italia le aziende non hanno più scuole interne e questo è un vero peccato. Ma perché?

Sicuramente va fatto un discorso di dimensione strutturale. La maggior parte delle nostre realtà sono medio/piccole, il che è sicuramente un limite per la creazione di un centro formativo interno. Lo dico perché io stesso, se MICROingranaggi avesse una dimensione diversa, mi muoverei in questa direzione per formare personale destinato a ciascuno dei nostri reparti: tornitura, dentatura, assemblaggio…

L’altra ragione è che fare formazione ha un costo e i risultati non sono immediati…

…ragion per cui sono molte le realtà che preferiscono investire là dove i risultati sono sicuri (o quasi), ma soprattutto concreti e tangibili. Un discorso, quest’ultimo, che va ampliato più in generale a tutto ciò che riguarda la formazione aziendale, dove è più facile quantificare i costi dei benefici.
Come scrivevo qualche tempo fa inoltre:
se un imprenditore non crede davvero nella formazione, allora è molto probabile che i costi che si trova a dover sostenere siano sempre troppo alti, il tempo a disposizione sempre troppo poco, la fiducia nelle realtà che offrono corsi di formazione sempre troppo scarsa, e così via”.

Se parliamo di formazione tecnica specializzata infine vedo anche un’altra criticità concreta (parlo per il mio settore, ma sono certo che il problema tocchi anche altri comparti): oggi è quasi indispensabile conoscere le lingue (almeno l’inglese!), ma purtroppo tanti ragazzi (e ancor di più chi è meno giovane) sono piuttosto indietro sotto questo punto di vista. Il che inevitabilmente rappresenta un altro grande limite che condiziona l’accrescimento delle competenze. Pensiamo banalmente ai manuali tecnici delle macchine che oggi sono solo in inglese. Oppure ai corsi di aggiornamento organizzati dai costruttori…

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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