Lavorare in un settore come quello della meccanica di precisione significa avere a che fare con particolari molto piccoli che devono essere sempre perfettamente puliti, sia che debbano essere consegnati al cliente sia che invece siano destinati al reparto assemblaggio per lo step successivo.
Ma quale impianto di lavaggio usare? È meglio quello a solvente oppure quello con detergente a base acquosa?
Lavorando con le macchine utensili e di conseguenza con i vari fluidi refrigeranti le necessità sono principalmente due: sgrassare i pezzi ed eliminare eventuali residui di lavorazione. Sia i detergenti a base acquosa sia i solventi sono in grado di risolvere questi problemi, ma lo fanno in modo diverso.
Dopo attente valutazione nel 2010 in MICROingranaggi abbiamo introdotto un impianto di lavaggio prodotto dall’azienda padovana IPF. Si tratta di un macchinario a circuito chiuso che usa la tecnologia degli ultrasuoni, impiega come solventi alcool modificati e utilizza il trattamento sottovuoto. Sono state diverse le ragioni che ci hanno portato a questa scelta, a partire dal fatto che la qualità del lavaggio a solvente è, a nostro avviso, superiore. Ma non solo.
Il termine “solvente” tende a spaventare perché fa pensare a qualcosa di pericoloso, tossico, nocivo e non ecologico; mentre il detergente a base acquosa, venendo erroneamente ricondotto al lavaggio della persona, appare meno invasivo e pericoloso.
La mia personalissima opinione, però, si basa su un ragionamento più ampio ed è diametralmente opposta. Vediamo perché…
Prima di tutto va tenuto in considerazione che i detergenti a base acquosa utilizzati per i lavaggi industriali non sono così ecologici come si potrebbe immaginare. Vengono usati in bassa quantità, questo sì, proprio perché vanno diluiti in acqua, ma devono comunque essere smaltiti.
Poi va considerato che, utilizzando un impianto di questo genere, si sta andando a lavare proprio con l’acqua (che insieme all’aria è uno dei principali agenti ossidanti) prodotti costituiti da materiali ferrosi e che pertanto tendono a ossidarsi. Per far fronte a questa criticità, occorre pertanto un ulteriore trattamento con tecnologie specifiche (come l’acqua demineralizzata) finalizzato a evitare che sul pezzo si deposi il calcare oppure che rimangano tracce di umidità, allungando inevitabilmente i tempi di lavaggio.
E ancora: rispetto al solvente che ha un potere sgrassante intrinseco piuttosto elevato, i detergenti a base acquosa richiederanno più immersioni dei pezzi nelle apposite soluzioni affinché risultino perfettamente puliti e questo porterà ad avere a che fare con impianti di lavaggio più ingombranti (proprio perché dovranno ospitare più vasche per i vari lavaggi), un maggiore utilizzo di acqua, e un maggiore consumo di energia.
La gestione di un impianto di lavaggio moderno a solvente, a mio avviso, è molto più semplice.
Queste macchine una volta usavano solventi tossici e, dopo alcuni anni, iniziavano a rilasciare emissioni dannose. Negli ultimi anni però – a seguito di un irrigidimento della relativa normativa di riferimento – si sono profondamente evolute, risolvendo quelle criticità.
Un impianto di lavaggio di questo genere oggi è in grado di rilevare che la percentuale di lubrificante presente nel solvente all’interno del suo serbatoio ha superato una certa soglia. Il che permette di passare alla fase di distillazione finalizzata proprio a ripulire il solvente in modo che possa essere usato nuovamente. Tramite questo processo, inoltre, verrà recuperato anche il lubrificante, che – grazie all’eliminazione delle morchie – potrà essere anch’esso riutilizzato. Anche in questo caso ci sarà un consumo di energia, ma sarà inferiore rispetto a quella richiesta da un impianto di lavaggio con detergente a base acquosa.